L'origine della Terra e la nebulosa solare
L'origine della Terra e la nebulosa solare
L'origine del mondo in cui viviamo: forse la domanda delle domande, fin dai tempi più antichi e in ogni popolo. Dalle idee laiche della tradizione occidentale di filosofi come Aristotele o Apollonio di Rodi, convinti che il mondo non avesse inizio o fine, alle credenze secondo cui il mondo è stato creato dal nulla, sebbene in tempi e processi diversi, come la creazione del Sole, del cielo, dei mari, della Terra e degli esseri viventi, tra cui l'uomo e la donna, descritta all'inizio della Bibbia, è stato detto e pensato di tutto.
Per lungo tempo l'approccio scientifico alla questione si è intrecciato strettamente con quello religioso (e noi aggiungiamo: purtroppo). La visione antropocentrica della Bibbia, con un Universo fatto per l'uomo, ha portato a credere che la Terra sia stata creata poco prima della comparsa degli esseri umani. Di conseguenza nella tradizione cristiana, da Teofilo di Antiochia a Sant'Agostino e fino al XVII secolo, l'età della Terra veniva stimata a non più di poche migliaia di anni, sulla base di calcoli sul numero di generazioni trascorse da Adamo a Cristo.
Keplero stesso ipotizzava nel 1620 una Terra non più antica di 5900 anni. La stima più nota, proposta nel 1650, fu quella dell'arcivescovo Ussher, della Chiesa anglicana irlandese, secondo il quale la Terra fu creata nel 4004 a.C.; una stima molto condivisa, tanto da essere inserita nel 1702 nell'edizione canonica della Bibbia anglicana.Le rivoluzioni copernicana e galileiana e gli studi della Terra da parte di molti naturalisti spostarono le stime dell'età della Terra sempre più indietro nel tempo. James Hutton, tra i grandi pionieri della geologia, affermava nel 1788 di non riscontrare nella natura tracce di un inizio o indizi di una fine. L'idea di una Terra molto antica (centinaia di milioni di anni) era prevalente tra i geologi della seconda metà dell'Ottocento. Per i fisici invece la Terra era relativamente giovane. Ad esempio, il grande fisico inglese Lord Kelvin calcolò l'età della Terra a poche diecine di milioni di anni, assumendo una Terra iniziale incandescente e calcolando il tempo necessario perché si raffreddasse fino alla temperatura attuale. Ma Kelvin ignorava la produzione continua di calore all'interno del pianeta dovuta alla radioattività. Oggi vi è un consenso ampio tra gli studiosi nel porre l’età della Terra a oltre 4 miliardi e mezzo di anni, molto prima dell’arrivo dell’uomo.
Secondo le ipotesi accettate oggi dalla maggioranza degli studiosi i pianeti del Sistema Solare hanno avuto origine dalla condensazione e aggregazione di materia da gas e pulviscolo cosmico contenuti all'interno di una nebulosa solare a forma di disco con al centro il cosiddetto proto-Sole. Il diametro della nebulosa era probabilmente di un centinaio di Unità Astronomiche (1 UA è la distanza Sole-Terra, pari a circa 150 milioni di km). La temperatura era più elevata verso il centro della nebulosa, vicino al proto-Sole, dove poteva raggiungere oltre 2000°C, e diminuiva verso l'esterno. L'idea della nebulosa primordiale fu formulata oltre due secoli fa indipendentemente dal filosofo I. Kant e dal fisico P. Laplace. Tale ipotesi è stata rafforzata dalla scoperta che stelle giovani, ad esempio Beta Pictoris, sono circondate da un disco di gas e polvere cosmica, cioè, da una nebulosa proprio simile a quella che si suppone esistesse nei primi stadi di formazione del nostro Sistema Solare. Grazie al progresso delle tecniche di osservazione astronomica si sono identificati anche altri sistemi planetari orbitanti intorno a stelle.
È ragionevole pensare che la composizione chimica della nebulosa solare fosse simile a quella della nostra stella. l componenti di gran lunga più abbondanti erano l’idrogeno e l'elio, i due elementi più leggeri dell’Universo contenuti nella nebulosa in forma di gas. Ma anche l’ossigeno, l'elemento che insieme all'idrogeno forma l’acqua (H2O), era relativamente abbondante. Tre elementi che, insieme all'ossigeno, sono tra i costituenti principali dell’interno della Terra, cioè il silicio, il ferro e il magnesio, erano anche relativamente abbondanti nella nebulosa solare, così come il carbonio, il quale come sappiamo ha un ruolo importante nella nostra storia. Il graduale raffreddarsi della nebulosa si pensa abbia causato la condensazione di una serie di composti solidi, cominciando con quelli più «refrattari», cioè quelli che sono stabili allo stato solido già a temperature molto alte (dai 1500°C ai 1000°C circa), come i minerali silicatici che ancora oggi sono tra i componenti più abbondanti dell'interno della Terra, ad esempio la perovskite (Fe, Mg)SiO3 e l’olivina.
La tendenza nella nebulosa all’aggregazione delle minuscole particelle di materia solida ha portato alla formazione di un gran numero di planetesimi, cioè di corpi solidi di dimensioni varie, dal metro al km. L’impatto reciproco dei planetesimi e la loro aggregazione grazie alla forza di gravità ha portato gradualmente a una diminuzione del loro numero, ma a un aumento delle loro dimensioni; si sono così formati gli embrioni dei futuri pianeti, tra cui la Terra: un’idea questa sviluppata per primo dal cosmologo russo V.S. Safronov intorno al 1960. Poiché le temperature della nebulosa erano più alte verso l’interno del disco, i minerali più refrattari si condensarono preferenzialmente nella zona interna, più vicina al Sole. È per questo che i pianeti più vicini al Sole, tra cui la Terra, sono composti prevalentemente da questi minerali e hanno di conseguenza una densità media elevata. I pianeti più lontani del Sole, come Giove e Saturno, essendosi formati dalla parte più esterna del disco, sono costituiti da composti più leggeri (principalmente gas come idrogeno ed elio, composti del carbonio, etc...) ed hanno una densità relativamente bassa.
L'H2O, tra i composti più volatili, poteva condensarsi in ghiaccio solo alle temperature più basse, nella parte esterna della nebulosa, a una distanza dal proto-Sole superiore a 5 o 6 UA. Le comete, che consistono principalmente di ghiaccio, si sono formate nella parte più esterna della nebulosa.Esiste la possibilità che l'acqua sia stata portata sul nostro pianeta proprio da comete le cui orbite si avventuravano verso la parte interna della nebulosa solare, venendo poi a cadere sulla Terra. Già nel XVII secolo Edmund Halley (scopritore della famosa cometa che prende il suo nome) aveva calcolato che era probabile fossero avvenute numerose collisioni tra comete e la Terra. Quando poi si è stabilito che le esse sono costituite in buona parte da ghiaccio, è sorta l'idea che l'H2O terrestre derivasse proprio da collisioni cometarie.
Si è calcolato che, se il 10% della massa dei corpi caduti sulla proto-Terra tra circa 4500 e 3800 milioni di anni fa erano comete, la Terra avrebbe acquistato una massa di H2O equivalente a quella degli odierni oceani. Da questo punto di vista l’ipotesi cometaria è quindi plausibile. C'è però un‘obiezione: il rapporto tra due forme (isotopi) dell’idrogeno (deuterio e idrogeno) dell'acqua di alcune comete, è risultato molto diverso da quello degli oceani terrestri. Pertanto non più del 20% dell'H2O terrestre deriva da comete. Tuttavia una certa quantità di acqua, anidride carbonica e altri composti volatili poteva essere «catturata» all'interno dei planetesimi che si aggregavano nella zona interna della nebulosa, lì dove si è formata la Terra stessa. Sono questi i composti che hanno contribuito in maniera essenziale alla formazione prima dell'atmosfera, e più tardi, degli oceani della Terra primordiale, la cui storia è raccontata nell'articolo che racconta anche del primo diluvio universale...