LE CARATTERISTICHE FISICHE E TERMODINAMICHE DELLA FASE INVERNALE DELLA PROSSIMA SETTIMANA
LE CARATTERISTICHE FISICHE E TERMODINAMICHE DELLA FASE INVERNALE DELLA PROSSIMA SETTIMANA
Volendo fare un paragone, l’ingresso della saccatura di origine artica che si allungherà verso il Mediterraneo centro-occidentale nel corso della prossima settimana assomiglierà a un palloncino che attacchiamo al collo del rubinetto per riempirlo di acqua fino a quando il suo peso è tale da allungarlo così tanto verso il basso da staccarlo dal rubinetto. Se al posto dell’acqua mettiamo l’aria fredda che è ugualmente un fluido, che è più densa e che quindi è più pesante di quella calda, otteniamo grosso modo lo stesso risultato: una saccatura attaccata alle latitudini artiche che, in questo caso, sono il nostro rubinetto da cui nasce l’irruzione.
Tutta la colonna troposferica sarà ovviamente sottoposta a questo flusso e quindi tutta la colonna troposferica, nei prossimi giorni, dovrà sopportare il peso del passaggio di questo fiume in piena, in arrivo dal circolo polare. In meteorologia c’è una grandezza che si rivela molto utile proprio per osservare gli effetti del peso dell’aria fredda sulla struttura verticale della troposfera: si chiama «spessore di uno strato», che in questo caso applichiamo alla sezione compresa tra 1000 hPa e 500 hPa.
La previsione di questo spessore, valida tra mercoledì 18 e giovedì 19 gennaio (fig. 1, a sinistra) mostra così la riduzione dell’altezza della troposfera perché, proprio per effetto del peso dell’aria fredda, tutte le superfici isobariche (da 1000 a 300 hPa) si abbasseranno di quota anche in modo significativo creando di riflesso quella che, sempre in meteorologia, è chiamata «anomalia di tropopausa», cioè un abbassamento di quota anche della sezione atmosferica che separa la troposfera dalla stratosfera. Per esempio, relativamente allo spessore dello strato che da 1000 hPa arriva fino a 500 hPa, ecco che si prevedono valori inferiori ai 5280 metri che potrebbero addirittura spingersi fino alle coste algerine e valori intorno ai 5200 metri a ridosso delle Alpi occidentali: non potrebbe essere altrimenti, visto che in quota su quest’ultimo settore la temperatura potrebbe anche raggiungere i -38 °C sulla superficie di 500 hPa (fig. 1, a destra).
Avere una colonna troposferica con un’altezza ridotta significherà, ai fini pratici, che sarà un po’ più limitato lo spazio all’interno del quale la dinamica atmosferica andrà a costruire i suoi fenomeni: vorrà dire cioè che la struttura verticale delle nubi sarà ridotta, vorrà dire che la loro base sarà un po’ più vicina al suolo e quindi ci sembrerà di averla a… portata di mano. Vorrà dire, in pratica, che ci immergeremo un po’ nell’atmosfera che caratterizza, quanto a struttura, le alte latitudini. Si lega a questo discorso anche la previsione dell’altezza di geopotenziale e della temperatura a 850 hPa.
Se ricorderete, tutte le volte in cui parlo di questa superficie isobarica specifico che ci troviamo a circa 1500 metri di quota perché questa è l’altezza in atmosfera standard. Nello specifico, invece, proprio per effetto del peso dell’aria fredda sulle regioni settentrionali e su parte di quelle centrali raggiungeremo all’incirca i 1300 metri proprio a metà della prossima settimana, quando si prevede la massima spinta dell’aria fredda verso sud con il suo ingresso dalla porta occidentale e con l’isoterma di -5 °C spingersi fino al versante italiano delle Alpi (fig. 2, a sinistra). L’ingresso del flusso freddo sui nostri mari, ben rappresentato dalla corsa dell’isoterma di 0 °C verso sud-est, accentuerà le condizioni di instabilità che potrebbero diventare anche marcate e dar vita così allo sviluppo di precipitazioni a prevalente carattere di rovescio. Andremo quindi incontro a una situazione normalmente invernale, molto dinamica ed evolutiva, in cui però cercare la «precisione» per esempio nel determinare eventuali accumuli nevosi alle basse quote diventa una vera e propria impresa.
Infatti, dal momento che in queste situazioni è la precipitazione ad assumere un ruolo determinante nel trascinare l’aria fredda verso il basso, dipenderà dalla sua intensità e dalla sua persistenza il fatto che i bassi strati possano raffreddarsi a sufficienza da permettere la tenuta dei fiocchi di neve, senza andare incontro a fusione. Dobbiamo quindi pensare alla possibilità di avere neve fino a bassa quota – ipotesi che ad oggi risulta valida per il corso della settimana per le regioni settentrionali e per Toscana, Umbria e Marche – come ad una previsione che dipende proprio dalla caratteristica della precipitazione e che quindi può presentare differenze non trascurabili anche tra aree vicine: Non ha quindi senso, chiedere, per esempio, se nevicherà a 416 metri s.l.m.
Il rovesciamento dell’aria fredda può infatti comportare diversi scenari, anche quello di veder fioccare bene in pianura con temperature di poco positive, di 2-3 °C, ma con accumuli solo a quote collinari. In linea di massima, relativamente proprio alla previsione di nevicate, sembrerebbe essere questo l’orientamento indicato dalla modellistica numerica, visto ancora in chiave probabilistica (fig. 2, a destra). E cioè avere probabilità maggiori che il fenomeno nevoso si verifichi sul settore alpino e dell’appennino ligure e tosco-emiliano fino a fondovalle e probabilità al momento minori e decisamente basse per la pianura. Ne sapremo sicuramente di più nei prossimi giorni, man mano che la modellistica numerica sarà in grado di fornire, nei suoi limiti, qualche dettaglio nei ricalcoli dei prossimi aggiornamenti.
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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera