Fin dove arriva l'atmosfera terrestre? Struttura e altre curiosità
Fin dove arriva l’atmosfera terrestre? Non è facile rispondere a questa domanda in quanto non esiste un confine netto tra la fine dell’atmosfera e l’inizio dello spazio esterno.
Dato che l’involucro aeriforme che circonda il nostro pianeta, per quanto tenue, ha un suo peso per effetto della stessa forza di gravità terrestre che lo trattiene, esso esercita una pressione1. Tale pressione dipende dunque da quanta aria sovrasta il punto in cui si effettua la misura. Ciò che si può fare allora è misurare l’andamento della pressione atmosferica con la quota scoprendo così che più si sale e meno aria avremo sulla nostra testa e quindi misureremo via via una pressione minore.
A livello del mare su ogni cm2 di superficie “gravita” poco più di 1 kg di aria. Noi non ci facciamo caso in quanto in un fluido nel quale la pressione è causata dal suo stesso peso (e l’aria è un fluido che si trova proprio in tali condizioni) la stessa pressione, a parità di quota, viene esercitata in ogni punto da ogni direzione, quindi non avvertiamo nessun “peso” provenire da una direzione particolare (come, ad esempio, da sopra la testa).2
A questo punto, fatta “100” la pressione atmosferica al livello “0” del mare, si scopre che già a 5600 m di altezza la pressione diventa la metà (il 50%), scende al 10% intorno ai 16200 m e si riduce a solo l’1% a 31200 m. A 100 km di quota siamo allo 0.00003% della pressione atmosferica sul livello del mare. Una pompa a vuoto non riuscirebbe a fare di meglio! Come si vede, stabilire dove finisce l’atmosfera è un fatto soggettivo, del tutto arbitrario. Quindi dipende da ciò che usiamo, da quale fenomeno utilizziamo per definirne la struttura.
A tale scopo è importante la definizione del profilo termico verticale, cioè l’andamento della temperatura (media) con la quota. È in base a questo profilo di temperatura che l’atmosfera è suddivisa in vari strati, ottenendo:
la Troposfera (fino a 15 km), da un termine greco che vuol dire << involucro dove l’aria si mescola >>. E infatti è qui che avvengono i principali fenomeni meteorologici e le principali “turbolenze”; qui la temperatura diminuisce con la quota in media di 6.5°C ogni 1000 m, ma l’andamento reale, in certe zone e in particolari situazioni meteorologiche, può essere profondamente diverso (addirittura la temperatura può anche aumentare con la quota, come nelle “inversioni termiche”); la temperatura in generale diminuisce con la quota soprattutto perché l’aria non viene quasi per niente riscaldata direttamente dai raggi solari. L’atmosfera si riscalda essenzialmente dal basso, per effetto della radiazione solare assorbita e poi riemessa sottoforma di calore dalla superficie terrestre. L’atmosfera però, nello stesso tempo, perde calore verso lo spazio, così se ci allontaniamo dalla fonte di calore (il suolo) l’equilibrio tra calore ricevuto e calore perso si raggiunge ad una temperatura più bassa.
la Stratosfera (fino a 30-50 km); la “linea ideale” di demarcazione tra la troposfera e la stratosfera viene chiamata Tropopausa. Inizia così la stratosfera, dove la temperatura, inizialmente costante per circa 20 km, torna ad aumentare fino ai 50 km, presso la Stratopausa. Il principale responsabile del riscaldamento dell’aria della stratosfera (il cui nome si riferisce al fatto che, essendovi un gradiente termico “positivo” sono ostacolati i movimenti verticali dell’aria, cosicché essa tende a “stratificarsi”) è l’ozono il quale, presente in massima parte proprio in questa zona assorbe, come sappiamo, la radiazione ultravioletta, restituendola sottoforma di energia termica.
la Mesosfera (fino a 80-90 km); qui la temperatura torna a diminuire, raggiungendo i -100°C in corrispondenza della Mesopausa.
la Termosfera (fino a 500 km); come abbiamo detto, qui l’atmosfera è estremamente rarefatta, e diventano preponderanti processi particolari che riscaldano nuovamente la poca aria presente. In particolare le radiazioni solari di frequenza elevata (onde molto corte) vengono assorbite dagli atomi di azoto e ossigeno, aumentandone la temperatura, di giorno, anche a più di 1000°C.3
I primi tre strati descritti sopra costituiscono, nell’insieme, quella parte di atmosfera che va sotto il nome di Omosfera, in quanto la composizione chimica rimane pressocchè la stessa (pur nelle numerose varianti di cui si è parlato). Per tutta la parte rimanente si parla, invece, di Eterosfera.
Arrivati a questo punto però, si comprende che non ha più molto senso continuare ad usare la temperatura come caratteristica principale per classificare i vari strati atmosferici. Diventano preponderanti (o più significativi) altri fenomeni fisici come quelli elettrici e magnetici. Perciò, una volta superata la mesopausa possiamo anche distinguere:
la Ionosfera (fra i 60÷90 e i 500÷1000 km); qui l’aria è estremamente rarefatta, trovandosi così molto esposta ai raggi cosmici, alle particelle del vento solare e ai raggi ultravioletti e X del Sole. Ciò provoca la ionizzazione degli atomi che compongono l’atmosfera e il loro permanere a lungo nello stato ionizzato, proprio per la scarsa probabilità che ha un elettrone o un protone di trovare altre particelle per ricombinarsi. Gli ioni, una volta formatisi, tendono a concentrarsi in quattro fasce principali chiamate D (60÷90 km), E (90÷140 km), F1 (140÷200 km), F2 (250÷500 km). Il campo elettrico associato agli ioni che, lo ricordiamo, sono particelle cariche elettricamente, disturba la propagazione delle onde radio, provocandone la riflessione. Questo fenomeno è ampiamente sfruttato nelle trasmissioni radio a Modulazione di Ampiezza (AM): le onde elettromagnetiche trasmesse da un’emittente sono riflesse dalla ionosfera (in particolare dallo strato D) rimbalzando al suolo per poi venir nuovamente riflesse dalla ionosfera e così via. Tuttavia, proprio perché la formazione degli ioni è dovuta in gran parte al Sole, di notte gli ioni si riducono notevolmente (in special modo gli elettroni della fascia D ed E hanno tempo di ricombinarsi con i protoni e quindi l’equilibrio dinamico si “sposta” verso una sensibile diminuzione della concentrazione complessiva di ioni, cancellando l’esistenza di questi strati): questo da un lato rende le trasmissioni meno disturbate, ma anche meno efficienti per l’assenza dello strato D, più vicino. Di notte però è possibile captare meglio stazioni radio lontane anche migliaia di km, grazie alla riflessione degli strati F1 ed F2.
la Magnetosfera; il vento solare, in quanto composto da cariche elettriche in movimento, genera un campo magnetico. Ma anche la Terra genera un cospicuo campo magnetico: essa può infatti essere vista come un enorme magnete lungo 13000 km avente un asse leggermente inclinato rispetto a quello di rotazione (il Polo Nord e il Polo Sud magnetici, infatti, non coincidono con quelli geografici. Basti pensare che oggi il Polo Nord magnetico si trova a 70° 30’ N di latitudine e 97° W di longitudine, presso le Isole Regina Elisabetta; quello Sud si trova in Antartide, nella Terra di Adelia, a 73° 30’ lat. S e 146° long. E). L’angolo formato da tali due assi (che oggi ammonta a 11°) si chiama declinazione magnetica. Per la navigazione e l’orientamento tramite bussola si è sempre dovuto tenere in conto di tale declinazione (che fra l’altro non è costante nel tempo a causa dell’incostanza del campo magnetico terrestre), che provoca, in misura più o meno maggiore secondo la localizzazione geografica, uno scostamento tra il Nord indicato dalla bussola e la direzione effettiva del Nord geografico. Il campo magnetico terrestre sembra essere provocato da continue correnti elettriche presenti in particolare nel mantello, dove le altissime temperature fino a 3000°C (dovute alla forte pressione) rendono la roccia fusa e le sue componenti metalliche (come ferro e nichel) perdono gli elettroni che sono così liberi di muoversi, specialmente da Ovest verso Est, mediante il magma trascinato dalla rotazione terrestre. L’intensità del campo magnetico terrestre decresce con il cubo della distanza e intorno ai 60000÷80000 km eguaglia quello del vento solare. Dunque è qui che si considera il limite della magnetosfera (magnetopausa). Ma il campo magnetico del vento solare interagisce, distorcendole, con le linee di forza di quello terrestre. Inoltre le particelle cosmiche e quello dello stesso vento solare, essendo dotate di carica elettrica vengono intrappolate dal campo magnetico terrestre e tendono ad addensarsi verso i polo magnetici (dove più concentrate sono le linee di forza, in quanto in un magnete è verso i poli che linee di forza stesse convergono). L’eccitazione delle particelle coinvolte in questa “lotta” provoca fenomeni vari, anche di tipo luminoso come le aurore boreali (a 100÷1000 km di altezza), visibili infatti maggiormente verso le alte latitudini e quando l’attività solare si fa più intensa, oppure il disturbo di alcune attività umane come le trasmissioni radio, l’uso di radar, delle linee elettriche, l’uso dei satelliti, l’incolumità degli astronauti e così via. Come avrete capito il campo magnetico terrestre è fondamentale per la vita sulla Terra perché ci protegge da un’eccessiva concentrazione dei dannosi raggi cosmici e particelle solari.
Note:
(1) La pressione, ricordiamo, è definita come la forza (in questo caso il peso dell’aria) esercitata su una superficie: P = F/S.
(2) Questo non significa che il nostro corpo non è soggetto ad alcuna pressione. Se aumentassimo la pressione di molto, come ad esempio può essere quella presente negli abissi marini o sulla superficie del pianeta Venere, verremmo “avvolti” e stritolati come in una morsa!
(3) E qui si viene a un punto fondamentale, in quanto occorre spiegare il concetto di temperatura. Essa è definita come << la misura dell’energia cinetica delle particelle >>. In pratica, in un corpo più caldo, le particelle che lo compongono si “muovono”, “vibrano” più rapidamente. Quindi dire che l’aria nella termosfera si trova a 1000°C significa dire che quelle poche particelle presenti “vibrano” con un’energia cinetica (cioè, appunto, di movimento) che corrisponde a una temperatura di 1000°C. Tuttavia, per l’estrema rarefazione dell’aria stessa, se ci trovassimo nella termosfera noi verremmo “toccati” da ben poche particelle, cosicché non ce ne accorgeremmo neppure, essendo trascurabile ed insignificante l’energia termica che ci verrebbe trasferita.