COME INIZIERÀ L’INVERNO METEOROLOGICO E COME È CAMBIATO IL NOSTRO INVERNO NEGLI ULTIMI SESSANT’ANNI
COME INIZIERÀ L’INVERNO METEOROLOGICO E COME È CAMBIATO IL NOSTRO INVERNO NEGLI ULTIMI SESSANT’ANNI
Con l’avvio di dicembre, in meteorologia inizia l’inverno. La dinamica atmosferica, negli ultimi anni, ci ha spesso risparmiato le evoluzioni caratterizzate da ondate di freddo tipiche della stagione, cioè di quelle fasi che normalmente dovrebbero capitare anche alle nostre latitudini tra dicembre e febbraio: non parlo di freddo eccezionale o di ondate di gelo storiche, ma di quei periodi più freddi del normale che la variabilità meteorologica dovrebbe comunque proporre tra i probabili scenari nel corso del trimestre. Al contrario, abbiamo osservato l’instaurarsi di persistenti situazioni di blocco impostate da campi anticiclonici di natura subtropicale che hanno in pratica cancellato ogni parvenza invernale dalle condizioni atmosferiche delle nostre latitudini e di buona parte del nostro continente.
Ogni anno arriviamo così all’appuntamento con l’avvio della stagione con la speranza che quel vecchio Generale riesca nell’intento di recuperare un po’ quel terreno che il riscaldamento globale gli ha sottratto limitando spesso le sue dinamiche ad una toccata e fuga: anche se sarà molto probabilmente scontato chiudere anche quest'anno il trimestre con temperature superiori alla norma, diventa oggi una conquista ridurre il più possibile questo scarto positivo.Da questo punto di vista, per l'avvio della stagione c'è una buona notizia. Possiamo infatti affermare che la prima decade di dicembre trascorrerà all’insegna della vivacità atmosferica perché se c’è un aspetto che emerge dal segnale dominante in chiave probabilistica per i prossimi dieci giorni – e forse anche oltre – è l’assenza del promontorio nord africano. Le sorti del nostro tempo dipenderanno dalla posizione dell’Anticiclone delle Azzorre che andrà collocandosi ad ovest delle coste occidentali europee e che da qui coordinerà il movimento delle masse d’aria verso il Mediterraneo centro-occidentale.
Estendendosi talvolta lungo i paralleli e talvolta lungo i meridiani, potrebbe così guidare l’ingresso di impulsi freddi con le relative circolazioni depressionarie e quindi garantire, dal punto di vista termico, una fase con temperature oscillanti e spesso in media o al di sotto di essa: un primo impulso è previsto tra il 4 e il 6 dicembre e un secondo, probabilmente più incisivo, potrebbe intervenire tra l’8 e il 10 dicembre. Dal punto di vista pluviometrico, questa fase favorirebbe soprattutto le regioni centro-meridionali.
Al Nord, invece, il confine tra l'avere una raccolta di precipitazioni e condizioni sostanzialmente asciutte dipenderà come sempre da quanto sarà ingombrante l’azione anticiclonica e quindi dalla strada percorsa degli impulsi: se andranno ad impattare sulle Alpi saranno davvero poche le speranze di vedere sui nostri versanti quelle nevicate che ancora mancano all’appello a quote consone per il periodo; se invece riusciranno ad aggirare l’ostacolo orografico da ovest grazie a un campo anticiclonico meno tenace, allora anche le regioni settentrionali avrebbero maggiori chance per raccogliere millimetri di pioggia e centimetri di neve, magari fino a quote collinari visto il contesto termico. Si tratta di dettagli che potremo definire solo man mano che migliorerà l’attendibilità della previsione nel corso dei prossimi giorni: per il momento, sottolineiamo solo che il nuovo mese esordirà molto probabilmente proponendo una dinamica atmosferica tutto sommato tipica del periodo.
E a proposito di inverni... Non ci sono più gli inverni di una volta: negli ultimi anni ne abbiamo preso atto molto spesso seguendo una dinamica atmosferica che si è allontanata da quella che ricordano i nostri genitori e ancor più i nostri nonni. Se i ricordi non bastano o sono sfuocati, c’è la scienza con i dati a quantificare come il riscaldamento globale sia riuscito a modificare il comportamento di una stagione che ha perso le proprie caratteristiche salienti: a tal proposito, possiamo notare il netto cambio di passo che questo trimestre ha compiuto tra due trentenni consecutivi – il 1961/1990 e il 1991/2020 – per quanto riguarda la struttura dell’atmosfera sulla superficie isobarica di 500 hPa e il campo di temperatura a 850 hPa. Nel primo caso, si osserva innanzitutto come questa grandezza atmosferica sia aumentata su tutta l’area europea centro-meridionale e in particolare tra i paesi centro-occidentali (figura a sinistra): questo segnale indica che il campo anticiclonico di matrice subtropicale è diventato mediamente più invadente, rendendo così meno probabili gli ingressi di aria fredda provenienti dalle alte latitudini: d’altro canto, avere una superficie isobarica di 500 hPa che lievita in un trentennio tra i 20 e i 30 metri è indice di una colonna troposferica che è diventata mediamente più calda. Abbiamo riscontro di questo comportamento guardando anche l’anomalia di temperatura a 850 hPa che presenta un segnale anomalo più robusto alle alte latitudini, cioè laddove la stagione invernale risiede con il proprio quartier generale (figura a destra). Il dato di un’anomalia termica positiva superiore a 1.5/2.0 °C – che diventa di oltre 3 °C se il confronto si fa tra l'ultimo decennio e il 1991/1960 – indica sostanzialmente che i serbatoi da cui attingono le irruzioni contengono aria meno fredda rispetto al passato. Da un lato abbiamo quindi un segnale anticiclonico più robusto che rende più difficoltoso l’arrivo di episodi invernali e dall’altro abbiamo a disposizione aria meno fredda rispetto al passato: in pratica, un intreccio di fattori che abbassano notevolmente la probabilità di vedere stagioni invernali comportarsi come 50-60 anni fa. Tutto questo in tre generazioni: figli, genitori e nonni. Sono bastate solo tre sole generazioni per osservare questo drastico cambiamento.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera