IL TEMPO VALUTATO CON LE SENSAZIONI: L'ESALTAZIONE DELL’ANTISCIENZA
IL TEMPO VALUTATO CON LE SENSAZIONI: L'ESALTAZIONE DELL’ANTISCIENZA
«La velocità della luce non si decide per alzata di mano». Questa è una delle tante frasi celebri che ci è stata lasciata in eredità da un maestro della divulgazione scientifica come Piero Angela. Un’affermazione densa di significato e sicuramente ad effetto per far comprendere, in modo efficace, che il valore scientifico a un dato viene attribuito nel momento in cui quel dato proviene da una sequenza di misurazioni ripetute ed effettuate in esperimenti riproducibili in laboratorio da chiunque e dovunque: in altre parole, quando quel dato risponde al «metodo sperimentale».
Tutti i dati che derivano quindi da misurazioni effettuate in maniera rigorosa e con scrupolosa attenzione sono espressione dello stesso metodo e non sono opinabili: quello è il verdetto e non si discute, ma semplicemente si accetta e si condivide. In meteorologia e in climatologia valgono gli stessi principi nel momento in cui, attraverso l’analisi dei dati delle grandezze atmosferiche che sono misurate secondo le norme dettate dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale, apprendiamo quale è stato per esempio il comportamento termico di un mese, cioè se quel mese è stato più caldo o più freddo del normale. Il valore dell’anomalia media mensile è più di un numero perché porta con sé la traccia nel tempo del segnale dominante che ha contraddistinto quel mese e che quindi stabilisce chi, tra «fasi calde» e «fasi fredde», ha lasciato il solco più lungo e più profondo nell’arco dei trenta giorni. Cosa significa, dal punto di vista pratico, questa affermazione? Il comportamento dell’anomalia mensile della temperatura a scala europea del mese di aprile che si è appena concluso ci offre un esempio pratico, utile per comprendere di che cosa stiamo parlando.
Come si può osservare in figura, il secondo mese della primavera meteorologica è stato in generale più caldo del normale sulla maggior parte del continente: se si esclude la penisola scandinava, il nord della Russia e l’Islanda, possiamo dire che sull’Europa hanno dominato le gradazioni di rosso, dalle più tenui alle più accese, a indicare quindi un mese più o meno caldo del normale. Questo andamento ha caratterizzato anche buona parte dell’Europa centro-occidentale, Italia compresa, dove tra gli ultimi giorni della seconda decade del mese e per quasi tutta la terza abbiamo registrato un sensibile raffreddamento per opera di correnti artiche che, come abbiamo visto, hanno portato le temperature di diversi gradi al di sotto della norma in quello che abbiamo definito essere stato un vero e proprio colpo di coda invernale di tutto rispetto.
Come è possibile, allora, aver chiuso un mese in anomalia positiva se abbiamo avuto una fase così fredda? Se il segnale finale riporta il segno positivo, ad evidenziare quindi uno stato termico superiore alla media, l’unica conclusione a cui possiamo arrivare è semplicemente che il solco lasciato dalla «fase calda» nella prima parte del mese è stato più profondo rispetto a quello lasciato dalla «fase fredda» e che quindi, quest’ultima, non ha avuto sufficiente forza per bilanciarla o addirittura per imporsi su di essa: se fosse successo, è chiaro che avremmo ottenuto rispettivamente un mese con un’anomalia di temperatura nulla o negativa. Ovviamente, il fatto che la fase fredda abbia lasciato traccia solo attenuando l’anomalia positiva non minimizza e sminuisce il peso che essa ha avuto dal punto di vista climatologico, dal momento che nei giorni dominati dalle correnti artiche si è consumato un episodio anche estremamente freddo per il periodo, come è accaduto per esempio in Val Padana.
Estremo per estremo, se il risultato complessivo è stato quello di un mese più caldo del normale, allora vuol dire che l’estremo caldo è stato più… estremo dell’estremo freddo, vincendo alla fine la partita e lasciando la sua impronta nell’anomalia. Non c’è altro da aggiungere: questo è quanto ci viene detto dall’analisi dei dati e come tale si accetta. Non importa se ancora non è stato ancora fatto il cambio dell’armadio mentre l’anno scorso, di questi tempi, era già stato fatto. Non importa se sono stati riaccesi i riscaldamenti mentre l’anno scorso, di questi tempi, non era così. Non importa se in questo aprile ho consumato più pellet o legna rispetto agli altri anni.
Non importa se io continuo ad avere freddo e indosso ancora il maglione di lana. Non importa, perché il nostro organismo avverte sicuramente più disagio nel sperimentare un calo termico dell’ordine di 10-15 °C e in qualche caso anche oltre – proprio come quello che abbiamo avuto soprattutto al Centro-Nord – rispetto al trovarsi in una situazione di mitezza caratterizzata da temperature anche superiori ai 25 °C e sicuramente così piacevoli a tal punto da non essere considerate anomale perché ci fanno stare bene: ecco, è quel disagio a senso unico ad alterare le nostre percezioni. Il dato scientifico serve per rimettere tutto a posto perché per la scienza le sensazioni e le opinioni non fanno testo. Ritorneremo sull’argomento con un’analisi più approfondita e dettagliata sul comportamento di aprile non appena sarà noto anche il bilancio termico mensile per l'Italia curato, come sempre, dall’ISAC-CNR di Bologna.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera