CAMBIAMENTO CLIMATICO: ABBIAMO INIZIATO A CALPESTARE UN TERRENO INESPLORATO?
CAMBIAMENTO CLIMATICO: ABBIAMO INIZIATO A CALPESTARE UN TERRENO INESPLORATO?
Parlare del cambiamento climatico non è facile, per tanti motivi. Non è facile perché il tema è complesso e, se lo si vuole portare alla conoscenza di tutti, per semplificare i concetti si rischia di perdere per strada qualche anello dell’intricata catena che rappresenta proprio quella complessità che vogliamo provare a sviscerare e a divulgare in tutte le sue componenti. Non è facile perché bisogna trovare le parole adatte e ben ponderate che facciano capire all’utente che parlare di questo tema non vuol dire cavalcare il sensazionalismo e fare del terrorismo psicologico: informare su base di dati scientifici vuol dire semplicemente far conoscere per far sì che partendo dalla conoscenza si arrivi alla consapevolezza dell’esistenza di un processo di riscaldamento del nostro pianeta che preoccupa ormai da tempo gli scienziati del clima, cioè coloro che lavorano in questo campo portando avanti attività di ricerca. Una preoccupazione dovuta al fatto che il processo di crescita della temperatura media globale – ribadisco «globale», che non significa «a casa mia» – procede troppo in fretta rispetto a quelli che sono i noti ritmi geologici della Terra: per intenderci, i ritmi secondo cui «il clima è sempre cambiato». Parlare del cambiamento climatico non è facile perché, a questo punto, diventa ancora più complicato trovare i modi per far capire che, proprio a causa di questa dinamica galoppante del cambiamento, ci stiamo probabilmente incamminando verso un terreno inesplorato e mai conosciuto prima circa le possibili/probabili conseguenze che la rapidità con cui il riscaldamento si sta manifestando può determinare sugli equilibri del sistema climatico stesso.
In fin dei conti, per quanto sia complesso anche il clima ha un proprio «grado di elasticità» che, se superato, provoca come in tutti i sistemi il passaggio a un nuovo stato di equilibrio. La velocità con cui si sta alzando la temperatura del termostato terrestre ci spinge a pensare che stiamo tirando troppo la nostra molla climatica, senza pensare che prima o poi arriverà il momento in cui essa si deformerà in maniera irreversibile, come succede in tutti i sistemi fisici. Come la molla passerà a un nuovo equilibrio, così lo farà anche il clima passando a un nuovo equilibrio. In quanto tempo? Sicuramente lo sta già facendo in tempi di gran lunga più brevi rispetto alle scale temporali prossime ai centomila anni che sono quelle tipiche dei cambiamenti climatici naturali, in cui si sono avvicendate le glaciazioni. Quella molla che stiamo sollecitando sempre di più è lì, sotto i nostri occhi (vedi figura). È indicata da quella linea arancione che rappresenta l’anomalia media globale della temperatura nel corso del 2023. Le preoccupazioni dei fisici del clima riguardano il fatto che il suo andamento, a partire dal mese di giugno dello scorso anno, si è mantenuto costantemente ben oltre quello di tutte le altre curve in grigio che tracciano l’evoluzione annuale dell’anomalia di temperatura degli ultimi ottantatré anni, tanto che da giugno 2023 ogni mese è stato globalmente sempre il più caldo. Il 2024 (linea nera in grassetto) sta ricalcando lo stesso andamento da primato, come se volesse incamminarsi sul solco lasciato dall’anno passato e continuare così a percorrere quella sorta di strada inesplorata a cui facevo riferimento all’inizio.
Perché è una strada inesplorata? Proviamo a spiegarlo con un esempio. Se uno studente, effettuando un esperimento di fisica, mi dovesse presentare per ottantatré volte una serie di misure che cadono tutte entro una certa distribuzione statistica e poi all’ottantaquattresima volta (il 2023) i dati escono di molto dalla medesima distribuzione, allora non dò peso all’accaduto e dico semplicemente allo studente di ripetere l’esperimento perché qualcosa deve essere andato storto. Se all’ottantacinquesima volta (il 2024) le misure escono di nuovo dalla distribuzione, allora lo invito ancora a ripetere l’esperimento ma, questa volta, seguo anch'io l’acquisizione dati, controllo che l’apparato sia perfettamente funzionante e che non si siano errori di misurazione. Il continuo ripetersi di misure «inattese» fa certamente pensare che qualcosa sia cambiato, come se sia presente qualche agente interno o esterno al sistema – non lo sappiamo – in grado di alterare le misure. I dubbi iniziano così a crescere e lo fanno sempre di più man mano che si ripresentano misure inattese a cui cerchi ora di dare una spiegazione scientificamente valida. Siamo sicuramente di fronte a un qualcosa di nuovo, mai accaduto prima in questi ottantatré esperimenti. Siamo cioè di fronte a una sfilza di primati che ci lasciano certamente perplessi, almeno di primo acchito. Questa è la strada inesplorata a cui ci hanno condotto quei due esperimenti che portano l’etichetta 2023 e 2024.
A questo punto, è logico porsi delle domande e chiedersi per esempio fino a che punto il fenomeno del Nino – cioè il ciclico riscaldamento delle acque dell’Oceano Pacifico tropicale – abbia potuto giocare un ruolo nel far registrare questi risultati da primato. L’attenuazione del fenomeno, già in atto, dovrebbe aiutarci nei prossimi mesi a comprendere il peso che l'anomalia termica positiva delle acque dell'Oceano Pacifico tropicale ha avuto quasi da un anno a questa parte perché, se questo peso fosse significativo, dovremmo aspettarci che l’andamento del riscaldamento planetario rientri perlomeno all’interno della distribuzione definita da tutti gli «esperimenti» effettuati precedentemente, cioè entro le linee grigie: ci auguriamo che questo succeda perché vorrà dire che quella molla climatica che stiamo tirando avrà visto allentare la tensione a cui è sottoposta. Se invece ciò non dovesse succedere e quindi se la curva dovesse continuare a correre discostandosi dalla distribuzione, pensare che quella strada inesplorata sia stata intrapresa comincerebbe a diventare più che un’ipotesi: la molla si manterrebbe allungata e noi continueremo a non sapere fino a che punto si allungherà senza deformarsi perché non conosciamo con esattezza il valore della sua costante elastica, oltre la quale non si può tornare indietro. Il problema è che quella deformazione va evitata perché non sappiamo neanche quali potrebbero essere le probabili conseguenze a cui potrebbe andare incontro un sistema complesso come quello climatico, esposto a stress termici così rapidi per i suoi naturali tempi di evoluzione, nell'andare alla ricerca di un nuovo stato di equilibrio.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera