ALCUNE CONSIDERAZIONI SU UNA PREVISIONE [del 30 APRILE] IN PARTE DISATTESA
ALCUNE CONSIDERAZIONI SU UNA PREVISIONE [del 30 APRILE] IN PARTE DISATTESA
Il tempo instabile legato al passaggio della goccia fredda procede in ritardo rispetto alla tabella di marcia calcolata due giorni fa dalla modellistica numerica, su cui è stata condotta l’analisi qui pubblicata sabato. Ieri sera, quasi alla conclusione della prima giornata etichettata come «piovosa», dal confronto tra precipitazioni «simulate» e precipitazioni «cumulate» sono apparse delle incongruenze, in alcuni casi più evidenti e in altri casi meno. Nelle linee generali possiamo dire che le aree su cui ieri avrebbe dovuto piovere (figura a sinistra) sono state quasi sovrapponibili a quelle sulle quali è poi effettivamente piovuto (figura a destra), ma si evidenziano per esempio settori qui indicati con il pallino rosso in cui la discrepanza è stata più evidente e quindi la «sovrastima» del modello è stata significativa.
Non parlo però di «previsione sbagliata» o di «errore» semplicemente perché dal punto di vista scientifico l’uso di questi termini non si sposa con l’approccio probabilistico con cui bisogna sempre avvicinarsi allo studio di un sistema caotico come l’atmosfera che, come dovrebbe essere noto, è sensibile alle condizioni iniziali. Certo è che, laddove la discrepanza tra simulazione e realtà è più evidente, si tende a ritenere che la previsione sia stata un vero e proprio errore. Ma quella emessa sabato era l’ultima previsione che poteva essere elaborata in base agli ultimi dati disponibili.
Dati che – ricordiamolo – descrivevano nelle linee generali l’ingresso di condizioni di instabilità inseriti all’interno di una modesta circolazione ciclonica che si è formata sul Mar Tirreno. Una dinamica che, di conseguenza, non avvalorava un deciso deterioramento delle condizioni atmosferiche come quando, per esempio, è atteso il passaggio di una profonda saccatura ben strutturata. Nella fase iniziale di questo cambiamento del tempo di strutturato non c’era molto perché le condizioni instabili si associavano appena a un modesto calo delle altezze di geopotenziali in quota e poi, in divenire, alla formazione una goccia fredda. Il «segnale perturbato» è di modesto peso e di conseguenza non ci si può aspettare una fabbrica di nubi e piogge che lavora a tamburo battente per sfornare fenomeni come se non ci fosse un domani.
In questo intricato groviglio di fattori che contribuiscono a plasmare l’evoluzione meteorologica, la sensibilità alle condizioni iniziali di cui abbiamo fatto cenno sopra è quella che fa il bello e il cattivo tempo. Basta una piccola differenza dei valori dei dati in ingresso nel cervellone di calcolo per orientare il suo output verso altre soluzioni che possono in alcuni casi discostarsi di poco da quelle elaborate nelle corse precedenti e in altri casi possono discostarsi in modo più netto, come se si passasse per esempio da «luce accesa» a «luce spenta» in una stanza senza alcuna gradualità luminosa: in questo caso l’esempio ci è fornito proprio dalle aree contrassegnate dai bollini rossi come la pianura tra Piemonte e Lombardia e alcune zone della Toscana centro-settentrionale, dove le precipitazioni sono effettivamente mancate.
Gli effetti della sensibilità alle condizioni iniziali si ripercuotono sulla tempistica, sull’intensità delle precipitazioni e sulla loro localizzazione. In altre parole, ci possono essere ritardi o anticipi nel passaggio di un sistema nuvoloso e a scala limitata possono verificarsi fenomeni puntualmente più intensi dove invece erano previsti deboli e viceversa, aree più esposte ai fenomeni dove invece erano previsti marginali e viceversa, aree in cui era prevista pioggia e poi restano all’asciutto e viceversa. Questo ampio bagaglio di incertezza fa sempre parte di una previsione del tempo perché ne è un valore aggiunto e va a completare un’informazione che esprime sempre la probabilità che un evento si verifichi. Non c’è nemmeno quindi da puntare il dito verso questo e quel meteorologo che «sbaglia» perché è il processo di calcolo del modello, in base alle soluzioni delle complesse equazioni della fisica che regolano la dinamica atmosferica, a prendere altre strade perché una… farfalla ha sbattuto con un po’ troppa enfasi le proprie ali, comportando magari lo spostamento di un minimo di pressione di scarsa rilevanza di un centinaio di chilometri più a est o più a ovest rispetto alla posizione in cui era stato posizionato dal precedente aggiornamento del modello stesso. Può quindi capitare che una previsione non si avveri o si avveri parzialmente. La valutazione di uno scenario meteorologico deve però essere fatta nel complesso perché partiamo sempre dal presupposto che la simulazione di un modello non potrà mai coincidere con la realtà: questa è prima regola che dobbiamo conoscere se vogliamo avvicinarci alle previsioni del tempo in modo scientifico. Se facciamo nostra questa prima regola e se poi comprendiamo che la sensibilità alle condizioni iniziali a volte gioca dei brutti scherzi in modo più plateale, saremo noi stessi a non meravigliarci più di tanto se qualche volta il tempo va diversamente rispetto a quanto il meteorologo aveva detto. In questa ricerca del capire e del sapere, di certo non sono di aiuto le app automatiche scaricate sui cellulari e nemmeno i toni delle notizie a tema meteorologico diffuse dai media, in cui ogni passaggio piovoso viene descritto come se dovesse arrivare la «tempesta perfetta». La meteorologia di oggi non sta vivendo un momento d’oro sul piano della comunicazione: credo che questo fatto sia sotto gli occhi di tutti. Diventa quindi più difficile provare a portare la conoscenza di una scienza che ha dei limiti perché la società di oggi ci ha abituato a volere tutto e subito. E parlare di incertezza e probabilità non è ammesso.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera