ESTREMI «MADE IN ITALY», DALLA SICILIA AL NORD-OVEST
ESTREMI «MADE IN ITALY», DALLA SICILIA AL NORD-OVEST
Negli ultimi giorni la cronaca ha raccontato le conseguenze delle ingenti precipitazioni che sono cadute sul versante orientale della Sicilia e in modo particolare tra le province di Catania, Siracusa e Ragusa. Una situazione meteorologica che è stata ben inquadrata dalla modellistica numerica e che in sede di previsione è stata analizzata e presentata come una conseguenza della formazione di un’insidiosa circolazione ciclonica in risalita dall’entroterra libico verso il Canale di Sicilia, dove si è approfondita prima di ritornare sui propri passi (fig. 1, a sinistra). Avvicinandosi all’isola di Malta, il vortice ha assunto le caratteristiche di una depressione tropicale, cioè di un vortice barotropico (simmetrico) in cui i processi di convezione hanno parzialmente riscaldato la colonna troposferica conferendole il tipico «cuore caldo» che caratterizza proprio tali sistemi (fig. 1, a destra).
In questa dinamica – non così rara in autunno ma che lo diventa a stagione invernale inoltrata – la Sicilia ha subìto gli effetti del flusso meridionale che è stato richiamato dal vortice e che salendo di latitudine è andato a convergere con l’aria fredda giunta ormai da qualche giorno sulla nostra penisola sotto forma di intensi venti nord-orientali. Dal pomeriggio dell’8 febbraio il settore orientale dell’isola è così rimasto sempre più esposto al passaggio del nastro umido che ha fornito la materia prima per dar luogo alle ingenti precipitazioni cadute sull’area, a carattere piovoso in pianura e nevoso sui rilievi. Forti piogge, incentivate dal sollevamento orografico (stau) offerto dai Monti Iblei e dall’Etna, hanno così portato a raggiungere cumulate molto abbondanti se non addirittura eccezionali tra il siracusano e il ragusano, dove con una certa facilità sono caduti in due giorni – il 9 e il 10 febbraio – tra i 300 e i 400 millimetri di pioggia (fig. 2, a sinistra).
Sui versanti esposti dei Monti Iblei sono stati registrati i picchi pluviometrici più elevati, localmente superiori anche ai 500 millimetri: ne danno testimonianza per esempio i dati raccolti presso la stazione meteorologica situata a Villa Vela, nel Comune di Noto, dove sono caduti 522.6 mm in 48 ore e 543.0 mm nel corso di tutto l’evento, qui iniziato già dal pomeriggio di mercoledì 8 febbraio (fig. 2, a destra). A tal proposito, il grafico a barre che raffigura l’andamento della precipitazione oraria è rappresentativo di come sia stato ben strutturato e duraturo lo stau che ha prodotto effetti sull’area per quasi 60 ore consecutive.
In due giorni sul sud-est della Sicilia è quindi stato raggiunto il picco massimo di precipitazione che rappresenta, per la maggior parte delle località di quest’area, la cumulata di pioggia che normalmente dovrebbe cadere in un anno. Giusto per avere un’idea della portata dell’evento, basti pensare che di norma a Siracusa nel mese di febbraio e durante l’anno dovrebbero cadere rispettivamente 52 e 526 millimetri di pioggia: nelle vicinanze ne sono caduti in 48 ore ben 366 che rappresentano 7 volte la pioggia che dovrebbe cadere in questo mese e il 70% della pioggia che dovrebbe cadere in un anno. Siamo certamente di fronte a una situazione estrema che si trova agli antipodi rispetto a quella in cui versa da ormai oltre un anno il Nord Ovest, dove il deficit pluviometrico rimane irrisolto ed è in continuo accumulo.
Nel torinese, infatti, ci troviamo in una situazione diametralmente opposta (fig. 3): qui, in un anno, è caduta la pioggia che rappresenta circa la metà della media pluviometrica annuale per il settore occidentale della Pianura Padana e che alcune località tra Siracusa e Ragusa hanno registrato proprio durante l’evento del 9-10 febbraio: la pioggia caduta in un anno a Torino è stata la pioggia caduta in due giorni in alcune aree del sud-est della Sicilia.
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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera