DIDATTICA METEO: IL GRADIENTE BARICO, LO SCIVOLO CHE DÀ VELOCITÀ AL VENTO
DIDATTICA METEO: IL GRADIENTE BARICO, LO SCIVOLO CHE DÀ VELOCITÀ AL VENTO
Tra venerdì e sabato (20-21 Novembre 2020) l’Italia è stata interessata da forti venti provenienti dai quadranti settentrionali che hanno trasportato la prima aria fredda dalle caratteristiche invernali. Colgo allora questa occasione per spiegare a tutti voi, e in modo particolare a chi legge da poco questa pagina e si muove per la prima volta nei meandri della meteorologia, il motivo per cui il maestrale, la tramontana e la bora hanno raggiunto intensità in genere tra forte e di burrasca, rendendo i nostri mari molto mossi e localmente agitati.
Per iniziare, dobbiamo partire dalla carta di analisi del tempo riferita per esempio nelle prime ore notturne di sabato 21 novembre, in cui si mostra la presenza di una circolazione di bassa pressione (B) con minimo di 1010 hPa tra le nostre due Isole Maggiori che ingloba la nostra penisola in una rete piuttosto fitta di isobare costruita agendo in sinergia con un campo di alta pressione (A) che presenta invece un massimo di 1039 hPa a nord dell’arco alpino centro-orientale. Se consideriamo le due isobare estreme, cioè quella etichettata con il valore barico più elevato (1036 hPa) e quella etichettata con il valore barico più basso (1012 hPa), possiamo facilmente costatare due cose: la prima è che il dislivello barico DP tra il settore alpino e il Mar Tirreno Centrale è di 24 hPa e la seconda è che questo dislivello copre una distanza DX di circa 800 km.
C’è un modo alternativo per vedere questa situazione in maniera più intuitiva? Parlando di dislivello barico possiamo paragonare la differenza di pressione tra l'area anticiclonica e quella depressionaria all’altezza di un triangolo e la loro distanza alla sua base, come riportato nello schema in alto a destra. La pendenza del piano, che possiamo vedere come se fosse uno scivolo, è quello che in gergo tecnico si chiama “gradiente barico” e che formalmente è dato dal rapporto tra DP e DX: maggiore è la pendenza dello scivolo, maggiore è la velocità di un corpo che si muove sul piano inclinato.
Se questo corpo è l’aria, la velocità dell’aria sappiamo essere il vento e di conseguenza concludiamo che più elevato è il “gradiente barico”, più forte è il vento. A questo punto, possiamo inventare tanti casi per cambiare la pendenza di quello scivolo e quindi per cambiare “gradiente barico” e velocità del vento. Se per esempio dimezzo la differenza di pressione lasciando inalterata la fisionomia del minimo B ma ritoccando a 1024 hPa l’isobara estrema dal valore maggiore che definisce il campo anticiclonico A e allo stesso tempo lascio anche inalterata la distanza tra i due centri, scopro visivamente che l’inclinazione del piano cambia e diventa più dolce: concludo allora che diminuisce il “gradiente barico” e quindi anche la velocità del vento che diventa così minore rispetto al caso precedente. Potete allora da soli, adesso, immaginare che cosa deve succedere affinché quel pendio diventi ancora più ripido: come posso modificare le “dimensioni” del triangolo?
NOTA 1 – Questi esempi sono utili per comprendere che il “vento forte” non è automaticamente legato allo sviluppo di una profonda ciclogenesi. In questo caso, infatti, il minimo barico è stato di appena 1010 hPa, ben lontano da quello dalle ciclogenesi mediterranee in cui si punta anche a 995 hPa o a 990 hPa, come nella depressione sul Golfo di Genova.
NOTA 2 – Che cosa abbiamo imparato? Che il “gradiente barico” è una differenza di pressione spalmata su una distanza. Se “il gradiente barico” è intenso, vuol dire allora che le isobare (di solito tracciate di 4 in 4 hPa) sono molto vicine le une alle altre. In estrema sintesi: “forte gradiente barico” = “isobare fitte”.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera