DIDATTICA: L’INVERSIONE TERMICA, UN FENOMENO DI QUESTI GIORNI
DIDATTICA: L’INVERSIONE TERMICA, UN FENOMENO DI QUESTI GIORNI
Tra ieri e oggi la Pianura Padana è stata interessata da condizioni nebbiose più diffuse rispetto alla giornata di sabato. Come abbiamo più volte detto, la nebbia è un fenomeno che per formarsi necessita dell’inversione termica, cioè di un profilo verticale della temperatura in cui si verifica un aumento termico – e non una diminuzione come di solito accade – man mano che ci spostiamo dal livello del mare a quote più elevate. Il fenomeno si sviluppa in condizioni anticicloniche, in assenza di vento e nelle ore più fredde della giornata: dal tramonto all’alba ci troviamo infatti nella finestra temporale in cui il suolo si trova nelle condizioni ottimali per liberare il massimo calore verso lo spazio emettendo radiazione infrarossa. L’irraggiamento comporta così il raffreddamento degli strati d’aria a contatto con il suolo e la condensazione dell’umidità in essi contenuta determina la riduzione della visibilità, anche fino a poche decine di metri.
Dal momento che all’interno dell’inversione termica è inferiormente presente aria più fredda rispetto agli strati soprastanti, ci troviamo in una condizione di equilibrio molto stabile che inibisce il rimescolamento verticale e che quindi impedisce di avere una circolazione che ricambi l’aria qui presente: non esiste, in pratica, una finestra dalla quale possa entrare altra aria e magari più salubre, visto che questa situazione atmosferica comporta anche l’accumulo delle sostanze inquinanti e l’aumento della concentrazione di particolato. L’inversione funziona quindi come una sorta di tappo che può saltare solo mediante l’azione della radiazione solare o di una ventilazione organizzata e sufficientemente intensa.
Nella stagione fredda il primo fattore è di solito poco influente se lo strato inversionale è spesso perché i raggi solari, ancora bassi sull’orizzonte, sono poco efficienti nel riscaldare il suolo e rompere l’inversione; se invece lo strato non è molto spesso, allora la nebbia può in parte diradarsi e lasciare, per qualche ora, spazio a un pallido sole. È proprio quello che è successo in questi ultimi due giorni in Pianura Padana, dove a una condizione di nebbia fitta nelle prime ore del mattino ha fatto seguito, nel pomeriggio, un parziale diradamento del fenomeno. Nella giornata di ieri, domenica 28 gennaio, la situazione alle ore 12 locali vedeva per esempio ancora una formazione nebbiosa diffusa dalla pianura piemontese orientale alla Romagna e alle coste del basso Veneto (vedi figura), poi diradatasi in parte tra le ore 14 e le ore 16. Il radiosondaggio condotto presso la stazione di San Pietro Capofiume, nel bolognese, indicava proprio come fosse piuttosto esiguo lo strato inversionale, definito da un aumento termico con la quota che è rimasto confinato grosso modo nello strato compreso tra i 300 e i 500 metri di altezza, all’interno del quale la temperatura è passata da +1.4 °C a +8.0 °C e l’umidità relativa dal 100% al 36%, vale a dire da una situazione tipica di nebbia a una condizione di aria secca.
L’inversione termica diventa più spessa e robusta nel caso in cui si verifica un’avvezione di aria calda in quota che va a intensificare il gradiente termico positivo, cioè l’aumento della temperatura con la quota: è il caso del trasporto di aria mite, legata ai campi anticiclonici subtropicali, che si trova a galleggiare al di sopra dell’aria fredda e che quindi non riesce a far sentire il proprio alito caldo fin nei bassi strati. In questo caso, l’avvezione si accompagna anche a un'intensificazione del campo anticiclonico (aumento delle altezze di geopotenziale) che a sua volta determina, tramite i propri moti di subsidenza, un ulteriore schiacciamento dell’aria dall’alto verso il basso che comprime ancor di più verso il suolo lo strato inversionale. Solo dove una forzante sarà capace di rompere l’inversione con l’attivazione per esempio di venti di föhn, sarà possibile osservare marcati gradienti termici orizzontali tra le aree dove riesce ad arrivare il respiro favonico e quelle in cui l’inversione non verrà scalfita e quindi permarrà la nebbia: non sarebbe quindi insolito percorrere appena una decina di chilometri per passare magari da 3 a 19 °C, come è accaduto per esempio giovedì scorso. Sul finire di questa settimana, la situazione potrebbe di nuovo ripetersi.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera