IL DECLINO DELL’ESTATE TRA ASTRONOMIA, VECCHIA E NUOVA CLIMATOLOGIA
IL DECLINO DELL’ESTATE TRA ASTRONOMIA, VECCHIA E NUOVA CLIMATOLOGIA
La prossima settimana inizierà agosto. L’ultimo mese dell’estate meteorologica ci proporrà fin da subito una nuova ondata di caldo che, con buona probabilità, inizierà a farsi strada da partire dalle nostre regioni di Nord-Ovest, dal versante tirreno settentrionale e dalla Sardegna tra martedì 2 e mercoledì 3: analizzeremo la sua evoluzione a partire da lunedì. Si tratterà della quinta pulsazione verso l’Italia del promontorio nord africano in questa stagione che, come abbiamo ormai più volte ribadito, è iniziata con largo anticipo e sta lasciando il segno in termini di durata e intensità della calura, ben evidente in un lungo periodo quasi continuo caratterizzato da temperature che sono rimaste al di sopra della media climatologica e che hanno dato forma anche a più fasi di caldo marcatamente anomalo: d’altro canto, se maggio e giugno sono risultati entrambi i secondi più caldi dal 1800 secondo l’ISAC-CNR, vuol dire che il peso delle avvezioni di aria subtropicale continentale si è fatto sentire e anche luglio, probabilmente, non si discosterà di molto da questa situazione.
Pur persistendo una configurazione sinottica che ci accompagna ormai da circa tre mesi – senza dimenticare che il segnale anticiclonico è comunque stato il nostro compagno di viaggio dall’inverno scorso – agosto è però anche il mese in cui l’estate è costretta a intraprendere la strada verso il declino, in particolar modo dalla seconda decade del mese. Se c’è infatti una certezza, questa è data dal graduale e lento indebolimento dell’intensità della radiazione solare incidente e quindi dalla possibilità via via crescente che, a parità di potenziali avvezioni di aria calda subtropicale in arrivo nelle prossime settimane e caratterizzate dai medesimi valori delle isoterme, la perdita dei minuti giornalieri di radiazione e l’aumento dell’inclinazione dei raggi solari diventano sempre più un ostacolo al raggiungimento dei picchi di calore eccessivamente elevati ed estesi. Magra consolazione dirà qualcuno, ma è un primo piccolo passo.
Ci sarebbe poi la climatologia vecchio stile a dirci che con il prossimo mese il grande caldo, cioè quello inteso in senso assoluto, tenderà ormai a fare parte di una fase di questa stagione che si troverà alle spalle. La curva termica inizierà infatti a incamminarsi lungo il proprio lato discendente non solo per una questione astronomica, ma potenzialmente anche per una meteorologica. Perché con quella che i meteorologi di qualche decennio fa annunciavano con una quasi certezza essere la «burrasca di Ferragosto», si dava il via ad un periodo dell’estate caratterizzato dal caldo senza eccessi che durava fino alla fine di settembre, cioè fino all’avvento delle «tempeste equinoziali» che davano poi inizio all’autunno, con l’ingresso sul Mediterraneo occidentale delle prime perturbazioni atlantiche.
Mai come quest’anno l’auspicio sarebbe quello che la linearità stagionale di un tempo torni a farci visita e che quindi il «vecchio clima» abbia un sussulto di orgoglio: ne avremmo un disperato bisogno per avere più tempo per recuperare il più possibile delle precipitazioni che mancano all’appello dall’inizio dell’anno e che attualmente, con la modalità in cui si verificano, non sono adatte certamente a risanare una situazione di pesante crisi idrica. Sarà probabilmente utopia ritenere possibile una simile evoluzione del declino estivo, ma senza illusioni un lumicino di speranza possiamo anche lasciarlo acceso.
C’è infatti il «nuovo clima» a riportarci un po’ con i piedi per terra. Quel clima che nelle linee generali vede l’estate spegnersi come una candela ormai consumata, senza che il flusso atlantico trovi la forza per soffiare sulla sua fiamma a tempo debito. In questa situazione, per quanto i picchi di calore vadano smorzandosi gradualmente grazie al fattore astronomico, resta la persistenza del segnale anticiclonico che viene appena scalfito da impulsi instabili come le gocce fredde e che garantisce uno stato termico superiore alle medie climatologiche del periodo, poco disturbato da una variabilità meteorologica che invece dovrebbe iniziare a prendere il sopravvento. I mesi di ottobre del 2012, del 2013, del 2014, del 2018 e del 2019 sono per esempio casi di situazioni in cui il dominio delle alte pressioni ha posticipato l’ingresso del flusso perturbato atlantico: tra tutti, ricordiamo in particolare l’ottobre del 2018 in cui il primo ingresso perturbato di stampo prettamente autunnale si è verificato con il passaggio della tempesta Vaia, alla fine del mese.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera