LA TRAGEDIA DELLA MARMOLADA: UNA CONSEGUENZA DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO?
LA TRAGEDIA DELLA MARMOLADA: UNA CONSEGUENZA DEL CAMBIAMENTO CLIMATICO?
Difficile parlare della tragedia della Marmolada. Perché quando ci sono purtroppo delle vittime diventa complicato trovare le parole per commentare e, allo stesso tempo, evitare che le responsabilità vengano tirate in ballo: non voglio parlare di questo, perché non mi compete. Desidero invece soffermarmi sull’aspetto meteo-climatico perché è strettamente connesso a questo immane disastro. Desidero parlare quindi della dinamica del tempo che abbiamo avuto negli ultimi mesi, affinché grazie alla conoscenza possa diventare sempre più forte la consapevolezza che la persistenza di certe pesanti anomalie della circolazione atmosferica hanno delle conseguenze anche sullo stato delle nostre montagne e dei nostri ghiacciai, o di quel che ormai ne rimane.
Abbiamo più volte sottolineato, analizzando strada facendo l’evoluzione del tempo da gennaio a questa parte, come dalla fine dell’autunno scorso il Mediterraneo centro-occidentale sia entrato in una sorta di palude anticiclonica che ha mantenuto, a debita distanza, quelle perturbazioni atlantiche che sono responsabili delle piogge in pianura e delle nevicate in montagna. Lassù, sulle Alpi, dove le bufere di neve dovrebbero essere di casa, quest’anno l’apporto nevoso è stato molto esiguo e la sua fusione precoce, a causa delle elevate temperature, ha rapidamente esposto lo strato di ghiaccio sottostante all’azione degli agenti atmosferici.
Primo fra tutti il caldo, che soprattutto negli ultimi due mesi si è spinto anche alle alte quote portando molto spesso l’altezza dello zero termico al di sopra dei 4000 metri. Sulla Marmolada, a 3265 metri, l’azione della cupola anticiclonica nord africana ha agito quasi indisturbata (fig. 1), mantenendo praticamente costante l’afflusso di aria calda subtropicale che ha portato il campo termico a restare più volte, e per periodi anche molto lunghi, al di sopra dello zero. A tal proposito, è significativo osservare l’andamento della temperatura media giornaliera registrata negli ultimi due mesi presso la stazione di Punta Rocca, gestita da Arpa Veneto.
Analizzando il grafico (fig. 2) si nota come tra l’11 maggio e il 2 luglio siano state ben quarantasette le giornate in cui, in vetta, la temperatura non si è mantenuta al di sotto dello zero per tutto il giorno o lo abbia fatto limitatamente per qualche ora prima dell’alba in qualche isolato giorno. Spicca, in particolare, il pesante apporto di calore in quota registrato dall’11 giugno a fine periodo, cioè nel corso di ben ventidue giornate consecutive in cui è stata registrata una sola temperatura minima, inferiore a 0 °C – per la precisione -0.5 °C – il 25 giugno.
Si tratta di condizioni atmosferiche che minano la stabilità dello strato di ghiaccio che poggia sulla roccia sottostante e che, andando incontro ad una fusione continua proprio perché neanche di notte può avvenire l’interruzione di questo processo per le temperature che si mantengono sopra lo zero, mettono il ghiaccio stesso nelle condizioni di scivolare su una patina d’acqua che funge da lubrificante e che riduce proprio l’attrito tra il ghiaccio e la roccia.
Questa tragedia è purtroppo legata al cambiamento climatico perché è la persistenza delle anomale condizioni atmosferiche che viviamo ormai da mesi a essere connessa a una tendenza ad avere alle nostre latitudini un regime meteorologico inceppato che ha perso la sua variabilità, nella regolare alternanza delle quattro stagioni.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera