UN INVERNO CHE ANCORA NON CONVINCE
UN INVERNO CHE ANCORA NON CONVINCE
In questa settimana l’inverno giungerà a metà del suo percorso meteorologico per poi incamminarsi verso il traguardo del 28 febbraio, quando consegnerà il timone alla primavera. Non possiamo ovviamente sapere come si comporterà la dinamica atmosferica fino alla fine di questa stagione, sappiamo però che cosa sta mancando: le vere ondate di freddo. Non stiamo parlando di irruzioni di aria gelida o di eventi eccezionali che, essendo tali, non possono essere ovviamente presi come metro di misura, ma stiamo parlando di fasi invernali strutturate nel tempo e nello spazio che vadano un po’ oltre quei flussi freddi periferici che si limitano a seguire i sistemi perturbati in arrivo dal Nord Atlantico.
Una giornata con neve su alcune aree del Nord – come è successo l’8 dicembre – o una nevicata in Romagna e a quote collinari sull’Appennino come sta accadendo proprio in queste ore sono episodi che, fino a qualche decennio fa, non erano neanche considerati importanti perché erano la fenomenologia di un inverno che faceva il proprio lavoro: oggi, invece, questi eventi sono descritti utilizzando termini spesso anche eccessivi non solo per quel sensazionalismo che ha contagiato il modo di fare informazione, ma anche perché queste dinamiche sono diventate saltuarie e quindi quando si verificano suscitano sempre un po’ troppa meraviglia. Considerando per esempio la temperatura a 850 hPa, cioè a circa 1500 metri, dal 1° dicembre fino ad oggi almeno i due terzi del territorio italiano non sono stati ancora interessati da un’irruzione di aria fredda portata dall’ingresso dell’isoterma di -5 °C per un periodo compreso tra i tre e i sei giorni, cioè in un intervallo necessario per poter dire di essere interessati da un’ondata di freddo di stampo invernale degna di questo nome.
Questo non è accaduto perché mancano quelle configurazioni bariche, come le profonde saccature artiche, capaci di costruire un disegno sinottico ben impostato che sia in grado di condizionare per alcuni giorni lo stato del tempo delle nostre latitudini senza invece costringere la fenomenologia di stampo invernale a una toccata e fuga. Le configurazioni che invece riescono ad affermarsi con poca difficoltà sono quelle che, portando quella stabilità atmosferica e quella mitezza che sono tipici degli anticicloni di matrice subtropicale, spengono di fatto la stagione invernale facendola proseguire all’insegna dello stallo atmosferico e di temperature che si portano al di sopra della media, talvolta in modo anche eccessivo.
Lo abbiamo visto a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno con la caduta di numerosi record di caldo e, a distanza di appena due settimane, lo vedremo di nuovo proprio nel corso di questa settimana in cui le condizioni meteorologiche, passata la seconda perturbazione di gennaio seguita da una modesta irruzione fredda al seguito, torneranno a essere sempre più condizionate da una ripresa del campo barico con l’espansione questa volta da ovest dell’Anticiclone delle Azzorre. Nella seconda parte della settimana, questo campo isolerà proprio sull’Europa occidentale una figura di alta pressione con i massimi in quota tra le nostre regioni settentrionali e le Isole Britanniche (fig. 1) e al suolo tra l’entroterra nord africano e il Mare del Nord, dove si porterà l’isobara di 1030 hPa.
Saremo quindi interessati da una circolazione di aria mite che si farà ancora una volta sentire soprattutto in collina e in montagna, ad eccezione delle nostre regioni meridionali che inizialmente saranno ancora lambite dalla vecchia circolazione di aria fredda. Non attraverseremo, per fortuna, la stessa fase marcatamente anomala dei giorni attorno a Capodanno, ma andremo comunque incontro a un’anomalia della circolazione atmosferica significativa se consideriamo che il segnale medio ci dice che queste condizioni anticicloniche potrebbero durare almeno fino ai primi giorni della prossima settimana sull’Europa centro-occidentale e sul vicino Oceano (fig. 2), dove avere geopotenziali superiori alla media climatologica significa avere a tutte le quote, in fin dei conti, aria più calda che rende più gonfia la colonna atmosferica, proprio come se fosse una mongolfiera.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera