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Climatologia delle precipitazioni nevose sulla pianura Padano Veneta: prima parte

Climatologia delle precipitazioni nevose sulla pianura Padano Veneta: prima parte
 

Neve in Pianura Padana

La neve è un fenomeno particolarmente importante per le zone montuose, dove oltre una certa altezza rappresenta il tipo di precipitazione prevalente. Sulle pianure delle zone temperate, invece, è un fenomeno più marginale, limitato ai mesi più freddi e con distribuzione piuttosto irregolare sia nel tempo che nello spazio.

Questo studio vuole mettere in rilievo alcuni aspetti dei fenomeni nevosi, della loro previsione e della loro distribuzione sulla Valpadana anche perché le nevicate, pur rivestendo grande importanza per l’equilibrio delle falde idriche, per l’agricoltura, per i trasporti e per molte altre attività, sono spesso valutate dalle pubblicazioni specializzate, come “equivalente in pioggia”, dato certamente importante ma non del tutto esauriente. Risulta spesso difficile, sulla base di questo dato ufficiale, sapere quanto veramente sia nevicato il tal giorno sulla tal zona, a meno di non poter effettuare misurazioni dirette, anche per le difficoltà derivanti dal cattivo funzionamento dei pluviografi in presenza di temperature molto basse, dall’irregolarità del manto nevoso e dalla corrispondenza tra mm di pioggia e cm di neve che varia a seconda della temperatura e della qualità della neve stessa; talvolta quindi gli unici dati disponibili al pubblico sono quelli pubblicati dai quotidiani, con tutte le imperfezioni che comportano e i dubbi che suscitano negli osservatori più attenti. Col presente studio si vogliono integrare i dati ufficiali del Servizio Idrografico del Ministero dei Lavori Pubblici con quelli forniti dalle pubblicazioni specializzate e con le osservazioni direttamente effettuate nella zona di Reggio Emilia dal 1968 al 1992.

La neve e i suoi record

La neve rappresenta la più importante forma di precipitazione solida, la sua formazione è legata alla trasformazione del vapore acqueo in cristalli di ghiaccio o alla solidificazione delle gocce d’acqua in un ambiente con temperature sufficientemente basse. I cristalli di neve nascono generalmente dalle nubi stratificate a temperature comprese tra –20°C e –40°C; dapprima si formano piccoli cristalli sui nuclei costituiti da impurità presenti in atmosfera. L’aria della nube, soprassatura, condensa sui cristalli aumentandone le dimensioni, mentre le gocce d’acqua della nube evaporano, cercando di ristabilire l’equilibrio e costituiscono una fonte continua di vapore per l’ulteriore crescita dei cristalli di ghiaccio. Le forme dei cristalli, molto varie, dipendono dalla temperatura e dal grado di saturazione della nube; la forma prevalente è quella a sei punte, legata alle temperature più elevate, e quella a prisma, legata alle temperature più basse. Spesso la neve non raggiunge il suolo sotto forma di cristalli singoli, ma in fiocchi composti che si formano quando i cristalli, scendendo e attraversando strati di aria via via più caldi, diventano umidi, collidono e ricongelano insieme, ciò avviene intorno a 0°C, mentre a temperature inferiori i cristalli sono troppo asciutti. Tra 0°C e +2°C i fiocchi possono assumere grandi dimensioni, ma basta un ulteriore piccolo aumento di temperatura per trasformare la neve in pioggia.

Nelle zone temperate le nevicate più abbondanti avvengono con temperature comprese tra –4°C e 0°C infatti il freddo eccessivo, agisce come elemento inibitore facendo abbassare la capacità igrometrica dell’aria e determinando condizioni di stabilità poco favorevoli alle precipitazioni. Ciò è vero soprattutto sulle zone montane dove le nevicate si verificano di norma dopo giorni di freddo intenso quando sopraggiunge aria umida che mitiga la temperatura portandola verso gli 0 °C ; sono le cosiddette “nevi da raddolcimento”. Nelle zone di pianura o costiere, invece, spesso le nevicate più abbondanti sono accompagnate da irruzione di aria fredda, “nevi da invasione polare”, quindi da un sensibile abbassamento della temperatura. Il detto “è troppo freddo perché nevichi”, trova quindi un certo riscontro nella realtà ma non costituisce una regola, soprattutto nelle zone di pianura. In alcuni casi, quando è granulosa e cade con velocità elevata, la neve può raggiungere il suolo anche con temperature fino a +6°C. La neve che cade con temperature superiori allo 0°C è bagnata e tende a sciogliersi al contatto col suolo, è però molto pesante e compatta e se la precipitazione è molto intensa, si accumula e può provocare la caduta di rami, cavi elettrici, ecc. La neve che cade a 0°C è molto soffice e si accumula su alberi, recinti e tetti conferendo un particolare aspetto al paesaggio. La neve che cade a temperature inferiori a 0°C è molto asciutta e meno incline ad aderire alle sporgenze.
I più grandi quantitativi di neve cadono ovviamente sulle grandi catene montuose; riportiamo a titolo di curiosità alcuni dati significativi: sulle Alpi Occidentali la nevosità media supera i 600 cm, nel Nord America il primato spetta al monte Rainer nella Catena delle Cascate, dove cadono mediamente 1044 cm di neve all’anno e dove nell’inverno ‘71-’72 ne caddero addirittura 3100; a Tamarak sulla Sierra Nevada californiana, a 2438 m , caddero nell’inverno 1906-1907, 2445 cm di neve. Spetta alla California anche il record della singola nevicata: sul monte Shasta, nella Catena delle Cascate, dal 13 al 19 Febbraio 1979, caddero ben 480 cm di neve.

La previsione della neve e i parametri relativi alle precipitazioni nevose

Il fatto che le più intense nevicate avvengano con temperature prossime a 0°C , rende molto difficile la previsione della neve. Un lieve cambiamento della temperatura può rappresentare la differenza tra un’intensa nevicata e un’abbondante pioggia. Una delle maggiori difficoltà si ha quando la temperatura dell’aria al suolo, davanti ad un fronte caldo avanzante, è intorno allo zero. In tal caso è difficile prevedere se pioverà, nevicherà, o cadrà pioggia mista a neve; sarà anche difficile dire se la precipitazione inizierà come neve per proseguire come pioggia, o se accadrà il contrario (nelle città del Nord America può capitare che nevichi sulle terrazze dei grattacieli mentre piove a livello della strada!). In genere il processo di formazione della neve fa raffreddare lo spazio sottostante la nube, facendo abbassare di quota lo zero termico: in pratica la precipitazione può iniziare come pioggia ad una temperatura di +3/+4°C, ma via via che la pioggia evapora nell’aria satura sottostante la nube, raffredda l’aria stessa così che la precipitazione può raggiungere il suolo sotto forma di neve o pioggia mista a neve. Viceversa può capitare che l’aria in quota sia, o diventi, troppo calda per consentire la formazione della neve, allora può piovere anche se al suolo le temperature sono “da neve”.

In sintesi si può affermare che è meno probabile la pioggia mista a neve che la pioggia o la neve da sole, la neve è più probabile quando lo zero termico si trova entro i primi 300 m dal suolo e la temperatura al suolo è inferiore a +1/+2°C; se la temperatura è inferiore a 0 °C, la neve è quasi certa.


Nevosità media --> Si ottiene sommando anno per anno tutti gli eventi nevosi e dividendo per il numero di anni di osservazione. Il periodo deve essere piuttosto lungo per avere un’attendibilità scientifica. La misura dell’altezza della neve deve essere eseguita su suolo orizzontale ricoperto di strato erboso ad almeno 10 m da edifici, alberi, muri e strade. È buona norma effettuare almeno 3 misurazioni e farne la media aritmetica.
Numero di giorni con precipitazioni nevose --> Rappresenta la frequenza delle nevicate, considerando come giorno nevoso quello in cui sia caduto almeno 1 cm di neve (o 1 pollice, nei paesi di tradizione anglosassone).
Durata del manto nevoso --> Rappresenta il numero di giorni in cui il suolo rimane coperto di neve; si può distinguere una “durata totale” e una “durata del più lungo periodo di innevamento”.
Coefficiente nivometrico --> È il rapporto percentuale tra precipitazioni solide e precipitazioni totali in un anno, non riveste particolare importanza per la valle padana dove i valori sono assai bassi.
Intensità --> L’intensità di precipitazione, o velocità di accumulo si misura in cm/h (o in mm/h per la neve ridotta in acqua). I valori tipici variano da 0.5 per una precipitazione debole a 2.5 per una precipitazione intensa; una nevicata di media intensità ha un valore intorno all’unità.
Distribuzione delle precipitazioni nevose in Valpadana --> Il fenomeno è più rilevante sul settore occidentale, dove il clima e’ più spiccatamente continentale e l’orografia favorisce maggiormente il ristagno di aria fredda al suolo, anche quando in quota affluisce aria umida apportatrice di precipitazioni. Il settore orientale risulta invece meno nevoso, sia per influenza mitigatrice dell’Adriatico, sia per la maggior esposizione ai venti caldi di scirocco. Su tutta la regione risulta significativa la maggior nevosità delle zone pedemontane rispetto a quelle più distanti dai rilievi, le catene montuose, infatti trattengono le masse d’aria fredda sui versanti esposti al vento e intensificano così l’effetto di sollevamento dei fronti (singolare il massimo relativo tra i Monti Berici e i Colli Euganei nonostante la modesta altezza di questi rilievi). Anche le carte dei giorni con neve, pur relative ad un diverso periodo di osservazione, confermano le tendenze descritte presentando un massimo superiore a sei giorni sulle zone pedemontane del Piemonte e dell’Emilia e un minimo inferiore a due giorni sulla costa veneta. Come termine di confronto ricordiamo che, limitatamente alle zone di pianura, si hanno 4-5 giorni di neve in Bretagna, 25-30 sulla media valle del Reno, 50 in Polonia e 70 tra Mosca e Pietroburgo; la nevosità è comunque elevata su tutto il territorio dell’ex U.R.S.S. Negli U.S.A. si hanno meno di 5 giorni con neve sulla costa pacifica e sugli stati meridionali, da 10 a 20 sulle grandi pianure centro settentrionali, e oltre 20 sui grandi laghi e sulla costa atlantica settentrionale.
La durata del manto nevoso --> Questo parametro dipende, oltre che dalla nevosità media, anche dal regime termico, quindi dalla frequenza e persistenza delle nebbie che ostacolano il soleggiamento e dall’influenza dei mari e dei grandi bacini lacustri. Sulla pianura padana i valori minimi, inferiori a 10 gg/anno si riscontrano lungo la costa adriatica, su gran parte della pianura veneta e a sud del Lago di Garda; i valori massimi, superiori a 25 giorni si verificano lungo una fascia, che dal Piemonte si estende fino alle zone pedemontane dell’Emilia. Come termine di paragone possiamo dire che in Europa il manto nevoso dura mediamente 20 giorni in Alsazia e Lorena, 50-60 giorni sul bassopiano germanico, 70 giorni su buona parte della Polonia e 90 giorni in Transilvania; rilevanti infine i valori che si registrano su tutto il territorio dell’ex Unione Sovietica.
Distribuzione nel tempo --> La distribuzione temporale della neve sulla pianura padano-veneta risulta molto irregolare, di fatto si alternano anni in cui la neve è abbondante e altri in cui compie solo fugaci apparizioni in alcune zone. A Milano Brera, ad esempio, dove la nevosità media annua è di circa 35 cm, negli inverni dal ‘72/’73 al ‘74/’75 e dal ‘87/’88 all’88/’89 non cadde un solo cm di neve. Anche in precedenza l’andamento era assai irregolare, a Reggio Emilia nel periodo 1879-1888, si andò da un minimo di 0 ad un massimo di 135 cm. È quindi evidente che per avere dati significativi sulla nevosità media annua della Valpadana occorre considerare periodi di osservazione piuttosto lunghi in quanto il dato risulta dalla media di valori molto diversi. Quanto detto vale anche per la distribuzione mensile: su un periodo sufficientemente lungo, si nota come Gennaio sia il mese più nevoso ma su periodi brevi i dati possono essere molto diversi. Scendendo ancora più in dettaglio ed analizzando sempre per la medesima località la distribuzione per decadi su un periodo di 15 anni, i risultati sono abbastanza sorprendenti, infatti sono presenti diversi massimi e minimi relativi.

Vai alla seconda parte, dove approfondiamo le situazioni meteorologiche favorevoli alle precipitazioni nevose sulla pianura Padano Veneta e gli aspetti previsionali!

Di Marco Pifferetti. Per gentile concessione dell' AER, Dicembre ‘92. Altre fonti: Pinna “Climatologia”; Ministero Lavori Pubblici “Carta della precipitazione nevosa media in Italia dal 1921 al 1960”; Regione Veneto, “Manuale delle valanghe”; Giuliacci, “Climatologia fisica e dinamica della Valpadana”; Ufficio Idrografico Genio Civile, “Istruzioni per la misura delle precipitazioni meteoriche”.


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