La paleoglaciologia: una scienza per l’ambiente
La paleoglaciologia: una scienza per l’ambiente
Analisi chimiche molto analitiche del ghiaccio ottenuto dal carotaggio effettuato a diverse profondità, sia in Groenlandia che nella regione antartica, consentono di ottenere informazioni sul clima e sulla composizione dell’atmosfera fino ad epoche molto remote (200.000-250.000 anni fa ed oltre).
Fluttuazioni della temperatura atmosferica, aumento della concentrazione di anidride carbonica e del piombo, presenza di isotopi radioattivi, presenza di altri elementi provenienti dalle eruzioni vulcaniche ed altro ancora, i ghiacci profondi e quelli più recenti rappresentano un prezioso archivio a disposizione dell’uomo per comprendere le dinamiche a cui l’atmosfera è soggetta e l’influenza sulla stessa dell’attività antropica.
Sui ghiacciai di alta montagna e nelle regioni polari, le precipitazioni nevose trascinano le impurezze presenti in atmosfera, quali polveri e composti chimici, depositandole sulla superficie. Poiché qui la temperatura è sempre sotto zero, la neve invece di sciogliersi in piccola parte sublima, ma per la maggior parte sprofonda anno dopo anno trasformandosi in ghiaccio, sotto il suo stesso peso, anche ad diverse decine di metri di profondità.
Grazie a questo meccanismo, l’aria che si trova negli interstizi fra i cristalli di neve viene imprigionata all'interno del ghiaccio stesso, a formare microscopiche bolle. Mentre gli strati di neve sprofondano, sempre molto lentamente essi si spostano anche lateralmente, verso i margini del ghiacciaio, seguendo un percorso che può durare alcune centinaia di migliaia di anni.
Grazie ai satelliti geodetici, agli studi glaciologici e con l’ausilio di modelli matematici, si è riusciti a misurare questo movimento delle masse di ghiaccio. In Antartide ad esempio, questo moto radiale è di circa un metro all'anno all'interno del continente, e può raggiungere circa 100 metri all'anno nelle zone periferiche. Le perforazioni nelle regioni polari hanno permesso il prelievo di carote di ghiaccio, cilindri verticali di 6-12 centimetri di diametro, dagli strati profondi dei ghiacciai. Più si scende in profondità, più si torna indietro nel tempo. Per questo l’analisi chimica delle carote di ghiaccio rende possibile l’identificazione dei diversi stadi climatici del passato e permette di ricostruire l’evoluzione del clima e della composizione chimica dell’atmosfera.
I dati così ottenuti servono per conoscere e studiare l’ambiente terrestre, la sua variabilità naturale e l’impatto che esso ha subito a causa delle attività umane. Il prelievo dei campioni di ghiaccio in profondità dai ghiacciai polari non è impresa facile a causa delle condizioni ambientali e delle difficoltà di accesso ai siti di campionamento. Decine di tonnellate di equipaggiamento, con macchinari complicati e ingombranti, sono necessarie per raggiungere profondità sempre maggiori. I carotaggi vengono eseguiti per mezzo di carotieri rotativi, attrezzati con lame e resistenze riscaldate per sciogliere il ghiaccio, e richiedono l’uso di un liquido di riempimento (di solito cherosene) per evitare la chiusura del foro di carotaggio a seguito della deformazione del ghiacciaio. Da queste difficoltà deriva il fatto che a tutt'oggi sono stati effettuati un numero molto limitato di carotaggi in profondità.
In Antartide, al momento in cui scriviamo, sono stati eseguiti quattro carotaggi: nella base americana Byrd ed al Polo Sud, nella base russa Vostok e nella base francese Dome C. Anche in Groenlandia sono stati a tutt'oggi eseguiti quattro carotaggi ad opera di scienziati statunitensi a Camp Century e Summit, da scienziati danesi a Dye 3, ed ancora a Summit nell'ambito del progetto europeo GRIP (Greenland Ice Core Project). A Summit, negli anni fra il 1989 ed il 1993, i progetti americano ed europeo hanno ottenuto due carote lunghe rispettivamente 3054 e 3028 metri, raggiungendo il fondo del ghiacciaio. Si è avuta cosi la documentazione più completa relativa all'emisfero settentrionale, che ha fornito dettagli sulla storia del clima terrestre fino a 200.000 anni fa. In Antartide sono state raggiunte profondità meno elevate. La carota più lunga (2546 metri di profondità) è stata ottenuta dagli scienziati russi nella base Vostok. Dato però che sulla calotta antartica l’accumulo nevoso è più scarso che in Groenlandia, questo carotaggio ha permesso di ricostruire la storia climatica dell’emisfero australe degli ultimi 250.000 anni. A Vostok rimangono probabilmente altri 1200 metri di ghiaccio da perforare prima di raggiungere la roccia sottostante; a quel punto si potrebbe ricostruire l’evoluzione del clima degli ultimi 500.000 anni.
L’analisi chimica del ghiaccio delle carote e dei gas in esso intrappolati permette una ricostruzione unica dell’ambiente terrestre nel passato e della sua evoluzione climatica. Le concentrazioni dei vari composti chimici nel ghiaccio sono estremamente ridotte (un grammo di piombo, ad esempio, è presente in un milione di tonnellate di ghiaccio!) dato l’isolamento delle aree polari, e si sono potute effettuare misure attendibili solo grazie ai recenti progressi nelle tecniche analitiche strumentali. Le analisi chimiche debbono quindi essere eseguite in particolari laboratori “puliti” per evitare una contaminazione del ghiaccio con le impurezze presenti nell'atmosfera attuale.
La composizione isotopica dell’ossigeno nella neve (il rapporto fra il numero di atomi di ossigeno di massa 16 e di massa 18) è funzione della temperatura dell’atmosfera al momento della precipitazione. L’analisi di questo parametro lungo le carote dimostra che in tutte le carote profonde sono comprese le precipitazioni depositate durante l’ultimo periodo glaciale. Dai dati di Summit e Vostok (Antartide) si sono ricostruiti a ritroso due cicli climatici, comprendenti due glaciazioni e due periodi interglaciali, come il nostro attuale. Durante l’era glaciale, al suo culmine circa 18.000 anni fa, la temperatura era in media di 4-5°C più bassa dell’attuale. Da un’analisi molto precisa della composizione isotopica delle carote di Summit (Groenlandia) sono anche state evidenziate fluttuazioni climatiche frequenti e rapide durante l’ultima glaciazione. Si è così evidenziato che la temperatura nell'emisfero Nord può cambiare notevolmente (alcuni gradi) anche solo nel giro di un centinaio di anni, passando da temperature di tipo glaciale a valori quasi temperati.
Queste fluttuazioni a piccola scala non sono ancora state spiegate, ma sembrano essere legate alle variazioni della circolazione oceanica nel Nord Atlantico. L’analisi delle bolle d’aria intrappolate nel ghiaccio ha messo in evidenza che le variazioni della concentrazione in atmosfera dei gas responsabili dell’effetto serra (anidride carbonica, metano, protossido di azoto) sono correlate ai cambiamenti climatici, con un aumento nei periodi più caldi. Da queste osservazioni si evince come le variazioni della composizione chimica dell’atmosfera possano indurre cambiamenti del clima e, viceversa, come le variazioni climatiche portino ad una modifica della concentrazione di varie specie atmosferiche. L’analisi di numerose specie chimiche nel ghiaccio ha permesso l’acquisizione di nuove ed importanti informazioni sull'evoluzione dell’ambiente, durante i cicli climatici del passato. Ad esempio, le alte concentrazioni di polvere negli strati di ghiaccio risalenti all'ultima era glaciale hanno rivelato che i venti e l’aridità dei continenti erano più intensi durante quel periodo, certamente a causa dell’abbassamento del livello degli oceani. La misura dei composti dello zolfo nelle carote ha perfino evidenziato i cambiamenti della produttività del plancton marino durante l’ultimo massimo glaciale.
I carotaggi poco profondi, nell'ordine delle decine o centinaia di metri, sono invece molto più numerosi e provengono non solo dalle zone artiche, ma anche dai ghiacciai delle regioni temperate. Da questi campioni si possono ottenere informazioni sulla scala temporale dell’ultimo millennio. Il vantaggio immediato per chi studia i fenomeni atmosferici è che queste carote consentono di analizzare, con un dettaglio molto maggiore rispetto ai carotaggi profondi, l’influenza recente delle attività umane sulla composizione chimica dell’atmosfera. Gli archivi glaciali hanno infatti evidenziato l’impatto dello sviluppo industriale ed agricolo sulla composizione dell’atmosfera nell'ultimo secolo. Le nevi della Groenlandia degli anni settanta, ad esempio, presentano una quantità maggiore di nitrati e solfati, sostanze chimiche responsabili delle piogge acide in Europa e in Nord America, ed un aumento della concentrazione di piombo di 200 volte rispetto ai livelli di cento anni prima. Si possono misurare anche tracce più esotiche delle attività umane, come le sostanze radioattive ricadute dalle sperimentazioni atomiche degli anni ‘50 o, più recentemente, dall'incidente di Chernobyl nell’ex Unione Sovietica. Sorprendentemente, queste tracce radioattive nelle carote sono anche utili in quanto vengono utilizzate dai glaciologi come indicatori per la datazione delle carote stesse. Dai carotaggi recenti è stato inequivocabilmente messo in evidenza l’aumento senza precedenti dei gas a effetto serra negli ultimi 100 anni.
L’anidride carbonica, ad esempio, è aumentata di quasi il 30%. Le attività umane sono senza ombra di dubbio responsabili di questo aumento: l’uso sempre più massiccio di combustibili fossili e la crescente deforestazione hanno causato l’immissione di enormi quantità di anidride carbonica nell'atmosfera, delle quali solo una parte viene assorbita dagli strati superficiali degli oceani. Per quanto riguarda il metano, sono principalmente le attività agricole (allevamenti, risaie), ma anche l’estrazione del gas e la crescente produzione di rifiuti organici ad essere responsabili dell’aumento misurato nelle carote di ghiaccio. Alle perturbazioni antropiche dell’atmosfera si aggiungono perturbazioni naturali come la caduta di meteoriti o le eruzioni vulcaniche; anche questi eventi vengono registrati nei ghiacci polari. In particolare, le grosse eruzioni vulcaniche emettono in atmosfera notevoli quantità di zolfo che vengono disperse in atmosfera e che ricadono, alcuni mesi dopo, a migliaia di chilometri di distanza dal vulcano, ed in particolare nelle regioni polari. Dagli archivi polari è stato infatti possibile fare un inventario completo delle eruzioni vulcaniche, di alcune delle quali non si aveva memoria, negli ultimi 1000 anni. Tecniche di analisi sempre più sofisticate, unite allo sviluppo di programmi di ricerca internazionali nelle regioni polari, stanno aprendo nuove prospettive per l’utilizzazione degli archivi glaciali. I ghiacci dei Poli non hanno ancora rivelato tutti i loro segreti!