FREDDO E GELO: QUANDO, PER CONVENIENZA, L’INFORMAZIONE FA DI TUTTA L’ERBA UN FASCIO
FREDDO E GELO: QUANDO, PER CONVENIENZA, L’INFORMAZIONE FA DI TUTTA L’ERBA UN FASCIO
Aria gelida in arrivo. Gelo in arrivo. Si fa presto a parlare in questi termini per annunciare l’arrivo di una fase invernale perché, come spesso accade quando si parla di fenomeni meteorologici, è sempre bene gonfiare un bel po’ la notizia per fare audience. Sarà anche perché non siamo più tanto abituati ad essere avvolti dalle masse d’aria che arrivano dalle latitudini artiche, sta di fatto che le «ondate di freddo» sono scomparse anche perché, mediaticamente parlando, quando fanno capolino ai confini dell’Italia vengono ormai sempre presentate al grande pubblico come «ondate di gelo». Un freddo in teoria pungente, di quelli che ti tagliano il viso ma che poi, guardando il termometro, è un’aria «gelida» che porta temperature massime anche di diversi gradi al di sopra dello zero.
Qualcosa non quadra. In effetti, si abusa ormai troppo spesso di questo termine e di conseguenza si perdono tutte le sfumature che possono caratterizzare un’irruzione di aria fredda proveniente dalle alte latitudini. Già in partenza si denotano delle imprecisioni linguistiche perché, nel momento in cui si parla di «ondata», si presuppone che l’entità del raffreddamento sia tale da determinare fin dal momento in cui avviene l’irruzione un drastico abbassamento delle temperature fino a portarsi intorno a 0 °C anche in pianura, persino nelle ore centrali del giorno che sono notoriamente le più calde: se è «gelo», infatti, mi aspetto almeno questa conseguenza sul campo termico.
Quando può accadere questa situazione? Solo quando ad arrivare sull’Italia sono correnti fredde di natura continentale e che quindi provengono dalla Russia, come è successo nel gennaio 2017 o nel febbraio 2012: si tratta di aria artica o polare che, nelle zone di origine, può presentare temperature a circa 1500 metri anche di -15/-20 °C. Si tratta di aria pellicolare, che scorre nei bassi strati dell’atmosfera perché ha origine termica ed è il frutto dell’anticiclone russo che permette la sua sedimentazione e intensificazione durante le lunghe notti invernali.
L’arrivo di questa massa d’aria, con isoterme che a quella quota raggiungono e superano sulla nostra penisola anche la soglia -10 °C, è proprio quel «gelo» di cui anche in questi giorni sentiamo impropriamente parlare. Tanto per fare un confronto, nell’irruzione attuale avremo appena l’isoterma di 0 °C arrivare fino all’altezza di Lazio e Puglia sempre a 1500 metri, rincorsa da isoterme certamente più basse che non andranno oltre i -6/-7 °C sul settore alpino orientale per appena 72 ore.
Il fatto che un’irruzione porti poi temperature minime anche di diversi gradi sotto lo zero è una conseguenza post-irruzione che tiene conto, soprattutto, degli aspetti del microclima locale: una massa d’aria fredda e secca, inserita in una condizione atmosferica e ambientale che favorisce la dispersione del calore durante una notte con calma di vento, per ragioni fisiche si raffredda ulteriormente.
Si tratta però di un raffreddamento che avviene sul posto e non di un raffreddamento che è trasportato, cioè indotto da una massa d’aria in movimento nel corso di un’irruzione e quindi di un’ondata. Parlare usando una terminologia corretta è fondamentale per una materia scientifica come la meteorologia. Perché se parliamo di un’«ondata di gelo» quando in realtà è un’ondata di freddo di stampo prettamente invernale – e qui ci sarebbe anche da dire che finalmente c’è un po’ di normalità nel dinamismo dell’atmosfera – se dovesse davvero arrivare un’«ondata di gelo», come la dovremmo presentare? Diremo che è in arrivo la PEG?
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera