NEVE IN PIANURA AL NORD: UNA PREVISIONE A PICCOLI PASSI E SENZA FRETTA
NEVE IN PIANURA AL NORD: UNA PREVISIONE A PICCOLI PASSI E SENZA FRETTA
Neve in pianura al Nord. Si fa presto a mettere nero su bianco una frase che attira molto l’attenzione, ma ci vuole tempo per sapere se questo fenomeno atmosferico potrebbe verificarsi. In altre parole, è una delle previsioni più complicate da elaborare e di conseguenza è una delle situazioni la cui prognosi rimane spesso incerta fino a due o tre giorni dall’evento.
Possiamo quindi intuire che parlare di neve in arrivo con una settimana o dieci giorni di anticipo equivale, nel 99.99% dei casi, a scommettere su uno scenario e non a elaborare una previsione seguendo la prassi scientifica. Perché inquadrare una nevicata in pianura sul Nord Italia significa sedersi a tavolino e vedere se, uno a uno, i tasselli si incastrano tra di loro alla perfezione. Servono gli ingredienti giusti per permettere alla Dama Bianca di posarsi candidamente e di accumularsi, dosati proprio come una brava cuoca o un bravo cuoco si adopera per preparare un… gustoso piatto.
Serve dapprima un’irruzione di aria fredda – polare o ancor meglio artica e tra queste ultime quella continentale ha fattura migliore in assoluto – che prepari il terreno alla formazione di un cuscinetto di aria fredda a contatto con i bassi strati dell’atmosfera: una dinamica, questa, che permette alla temperatura di scendere di alcuni gradi al di sotto di 0 °C almeno nei valori minimi una volta che l’irruzione si è completata e, grazie alla secchezza della massa d’aria sopraggiunta, a garantire una temperatura di bulbo umido negativa per conservare fino in pianura la caduta dei futuri fiocchi.
Serve successivamente uno scorrimento di aria più temperata e umida al di sopra di questo cuscinetto: uno scorrimento che sia intenso al punto giusto da trasportare la materia prima – cioè l’umidità – ma non così intenso da destabilizzare lo stato termico della colonna atmosferica e creare così in quota bolle di aria a temperatura positiva che causino la fusione del fiocco di neve.
Serve quindi prevedere l’ingresso di una perturbazione atlantica e l’instaurarsi in quota di correnti favorevoli alla formazione di nuvolosità stratificata in inspessimento e il successivo avvio delle precipitazioni. I tempi di arrivo della copertura nuvolosa sono per esempio uno dei discriminanti da analizzare e prevedere, ma a brevissimo termine: meglio un aumento della nuvolosità al mattino dopo una nottata serena, invece di un aumento alla sera perché, nel primo caso, è maggiore la dispersione del calore nello spazio e quindi è maggiore il raffreddamento dei bassi strati.
Una previsione difficile quella della neve perché è forse la previsione in cui, in modo assoluto, bisogna davvero procedere più che mai a piccoli passi, senza dilettarsi in voli pindarici legati alle singole emissioni dei modelli numerici di previsione. Si guarda al primo ingrediente. Se e solo se questo ingrediente è presente, si passa a valutare il secondo e via discorrendo. Oggi, per esempio, le ipotesi di scenari nevosi in pianura in arrivo per i primi di dicembre si basano sul nulla. Il motivo? Vista la distanza temporale, non siamo ancora in grado di prevedere se l’anticiclone russo riuscirà a indirizzare verso l’Italia un cospicuo raffreddamento. Insomma, manca ancora il primo ingrediente. Nonostante questo, si scrive già di neve in arrivo fino in pianura, con buona pace del metodo scientifico.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!
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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera