SULLA DISINFORMAZIONE CIRCA IL MALTEMPO IN SICILIA DI MERCOLEDÌ 15 LUGLIO
SULLA DISINFORMAZIONE CIRCA IL MALTEMPO IN SICILIA DI MERCOLEDÌ 15 LUGLIO
Sui fatti accorsi in Sicilia mercoledì 15 luglio desidero scrivere due righe perché di fronte a come la cronaca ha trattato nella maggioranza dei casi l’evento atmosferico non si può far finta di nulla e lasciar correre: anche in meteorologia l’uso dei termini richiede correttezza per rispetto, innanzitutto, del lettore che legge la notizia.
Purtroppo non si percepisce la gravità degli errori concettuali che vengono commessi perché non abbiamo sviluppato una cultura di base sufficientemente ampia da inorridire davanti all’uso inappropriato di terminologie utilizzate per parlare di alcuni fenomeni meteorologici.
Tra l’altro, l’invito all’uso di termini consoni viene spesso visto come un voler essere puntigliosi e minuziosi; un modus operandi su cui si dice che si può sorvolare perché l’obiettivo dei media è rendere immediata la comprensione dei fatti, senza ricorrere ai tecnicismi. Se è vero che semplificare per il pubblico è doveroso, non è altrettanto giusto che la semplificazione porti alla banalizzazione o addirittura ad una vera e propria storpiatura del concetto che si vuole comunicare e quindi, in questo caso, a una completa distorsione del fenomeno atmosferico di cui si vuole parlare al grande pubblico.
A tal proposito, per esempio, è vero che il neologismo “bomba d’acqua” ha un impatto emotivo sicuramente maggiore rispetto al termine “nubifragio”, ma se la letteratura scientifica usa quest’ultimo termine e non riconosce il primo per indicare una precipitazione violenta concentrata in poco tempo, perché non diamo alla scienza quel che è della scienza? Vogliamo calcare la mano? La lingua italiana dà la possibilità di utilizzare anche gli aggettivi e quindi se “nubifragio” non è sufficiente per scuotere l’animo del lettore, possiamo anche dire che su Palermo si è abbattuto un “violento nubifragio”, ma non una “bomba d’acqua”. Al sentire questo neologismo, le orecchie di un meteorologo sanguinano proprio come quando a tutti noi sanguinano le orecchie al sentire un “se io avrei” al posto di un “se io avessi”. Non si può sentire, davvero.
Se poi è un temporale a provocare il nubifragio, lasciamo perdere i cicloni tropicali perché si tratta di due fenomeni atmosferici completamente diversi nei modi, nelle condizioni, nei tempi, nell’estensione e nella durata. Anche in questo caso, scambiare un temporale per un ciclone tropicale non si può sentire.
Concludo semplicemente ricordando due concetti: il primo è che dalle equivalenze – argomento di matematica che si affronta alle scuole elementari – i 130 millimetri di pioggia caduti su Palermo equivalgono a 13 centimetri, oppure a 1,3 decimetri, oppure a 0,13 metri di acqua; il secondo è che nel capoluogo siciliano, in un anno, cadono mediamente 610 millimetri di pioggia, non 1000 millimetri che corrispondono, questi sì, proprio a un metro d’acqua. Il fenomeno è stato eccezionale, non c’è dubbio, ma facciamo sì che l’eccezionalità sia definita in modo corretto. Dire che in due ore, su Palermo, è caduto poco meno di un quinto della pioggia che cade in un anno è più che sufficiente per far capire l’entità del fenomeno.
Ricordo a tutti i nostri lettori che, su facebook, potete trovarmi anche alla pagina di Meteorologia Andrea Corigliano a questo link. Grazie e buona lettura!Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera