Le trombe marine: formazione e caratteristiche
Trombe marine: una rarità? Come e perché si formano? Quali sono le loro caratteristiche?
Le ripetute fasi di tempo instabile che hanno caratterizzato i primi due mesi estivi dell'Estate 2014, ci hanno proposto spesso situazioni temporalesche di notevole intensità, molte delle quali avvenute in mare; è così spesso capitato di osservare dalla costa delle trombe marine, con lo stupore di molti.Ma in realtà queste manifestazioni del tempo sono così rare dalle nostre parti? La risposta è no. In Italia, infatti, le trombe marine sono molto frequenti e le zone più battute sono il Friuli, la costa meridionale abruzzese, lo stretto di Messina, la costa laziale, ligure e toscana.
Si formano con maggiore frequenza sui mari caldi (il Mediterraneo ne è un esempio) e nelle zone delle calme equatoriali, cioè dove sono più alte le probabilità di formazione dei sistemi nuvolosi temporaleschi. In zone con acque fresche, come l’Europa occidentale, sono piuttosto rari. La loro occorrenza è minima tra i 10° ed i 20° di latitudine ed è media tra i 30° ed i 40°. Oltre i tropici la frequenza massima si verifica nei mesi fra il termine dell'estate e l'inizio dell'autunno, nella zona temperata in estate. Comunque, essendo difficilmente segnalate da qualsiasi tipo di fonte, è impossibile fornire con precisione dati statistici sulla loro incidenza.
Ora spingiamoci più nel dettaglio e cerchiamo di capire meglio come si originano e come si caratterizzano.Le trombe marine non sono altro che colonne d’aria vorticanti che si formano al di sopra di mari, oceani o laghi. Sono molto simili ai tornado, ma non hanno bisogno di temporali molto intensi per formarsi o per mantenere il loro movimento; spesso possono essere generate anche solo da un cumulus congestus.
Le trombe marine sono classificabili in tornadiche e non tornadiche. Le prime sono piuttosto rare, però capita ogni tanto che possano generarsi in corrispondenza di forti temporali a supercella in movimento dal mare aperto verso la terraferma. La loro genesi è identica a quella dei forti tornado mesociclonici e i loro effetti sono altrettanto devastanti per le zone costiere. Il loro movimento vorticoso si attiva di solito quando le correnti in quota soffiano più velocemente e con diversa direzione rispetto ai venti dei bassi strati, provocando la rotazione dell’intero sistema temporalesco. Tutti i corpi rotanti subiscono un’accelerazione quando sono mossi secondo il loro asse di rotazione. In tal modo, mentre la depressione che si viene a formare nell’updraft principale del temporale aspira l’aria circostante, i venti turbineranno sempre più velocemente.
Questo cosiddetto mesociclone si forma per l’interazione di correnti fredde e calde in una certa zona della cella temporalesca. Via via che il movimento vorticoso al centro del sistema perturbato accelera, inizia a delinearsi un percorso che, lungo la corrente ascendente principale, si dirige verso il suolo. Per comprendere questo meccanismo, si immagini di tenere un elastico teso verticalmente: se si attorciglia la parte alta dell’elastico, si vedrà che le spire si propagheranno gradualmente verso il basso. A questo punto, una colonna d’aria in rapida rotazione emerge dalla base della nube e può rendersi visibile sotto forma di proboscide, se la pressione è sufficientemente bassa per creare condensazione. Quando la proboscide, detta tuba, tocca la superficie del mare, la tromba marina è in piena attività e i suoi contorni verranno maggiormente delineati da una candida massa d’acqua nebulizzata.
Le trombe non tornadiche, dette anche “waterspout”, invece, si formano soprattutto grazie all'elevata temperatura della superficie marina, che può fornire notevole energia a sistemi nuvolosi in apparenza di scarsa consistenza portando al contrasto aria calda ascendente (marina) e aria fredda discendente (della perturbazione), dando quindi origine a moti vorticosi favoriti anche dall'assenza di corrugamenti ed ostacoli in mare. In questa situazione la forma della tromba d’aria sarà assottigliata, molto contorta e poco potente, ma tuttavia in grado di provocare danni significativi a persone o cose. Contrariamente a quanto si tende a credere, ad eccezione degli spruzzi sollevati in prossimità della superficie, l’acqua presente nella colonna proviene dalla condensazione provocata da una pressione molto bassa all’interno della massa d’aria turbinante e non da un’aspirazione dell’acqua di mare su cui si genera.
Molto spesso le trombe marine si sviluppano in un contesto di calma di vento ed è per questo che possono risultare molto pericolose per le imbarcazioni a vela. L’unico vento apprezzabile, infatti, è quello che si dirige verso la base della tromba e risulta quindi difficile sfuggire al vortice. I venti rotanti all’interno della colonna possono raggiungere i 250 km/h, mentre la velocità di traslazione è piuttosto bassa, intorno ai 20-30 km/h, e la lunghezza, dalla superficie del mare alla base della nube, va da 300 m a circa 700 m, mentre il diametro è di qualche metro in superficie fino a quasi 300 m in corrispondenza della parte inferiore del cumulonembo.
Una tromba marina dura in genere dai 2 ai 20 minuti, ma spesso si esaurisce in circa 4 minuti. A volte possono formarsi “famiglie” di trombe marine, composte da tre o quattro elementi, ma in qualche caso ne sono state osservate sulla stessa zona addirittura quindici.
Nella foto in alto, una delle tante trombe marine che nell'estate 2014 si sono formate di fronte alla costa marchigiana; questa nello specifico è stata fotografata da un peschereccio a 20 miglia al largo di Ancona la mattina del 22 Luglio.
Per approfondire
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Riferimenti:
Temporali e tornado; Formentini, Gobbi, Griffa, Randi; Alfa TestMeteorologia; Burroughs, Crowder, Robertson, Vallier-Talbot, Whitaker; DeAgostini
Giacomo Pincini