Neve Febbraio 2012: la zampata dell'orso siberiano
La tempesta perfetta: è quanto l'Italia (specie le regioni centrali) ha vissuto in uno degli indimenticabili episodi di un Febbraio 2012 che passerà alla storia. Ma qual è il meccanismo che c'è sotto?
Come funziona tutto questo? Quali sono gli ingredienti che rendono possibili nevicate a quote basse su molte regioni, anche del versante tirrenico che notoriamente vede la neve con più difficoltà? In questo articolo proviamo a spiegare brevemente la sequenza di cause-effetti necessari...
La circolazione atmosferica generale è dominata dal vortice polare e dalla cintura delle alte pressioni tropicali. Le nostre latitudini si trovano tra questi 2 antagonisti che, fronteggiandosi, creano onde cicloniche e anticicloniche il cui tipico spostamento è da ovest verso est. Perturbazioni e situazioni più stabili si susseguono dunque con alterne vicende e sull'Europa di solito prevalgono le correnti atlantiche. Talvolta queste correnti, percorrendo promontori e saccature, si dispongono maggiormente lungo i meridiani, favorendo flussi settentrionali o dai quadranti meridionali, secondo i casi. E' uno dei meccanismi che ha la Natura di "calmierare" le temperature, trasportando l'aria calda dalle latitudini tropicali a quelle polari e l'aria fredda da quelle polari verso le tropicali.
Mappa di analisi ore 00UTC dell'11 Febbraio 2012. Si notano la saccatura in quota (colori) a 500hPa e il ciclone al suolo (isobare). |
A questo schema generale e semplificato, si aggiungono ingredienti "locali", dovuti alle caratteristiche orografiche, come la presenza di montagne, del mare, di continenti. Durante l'inverno si possono avere le condizioni affinche' sulle immense steppe siberiane si formi un potente anticiclone cosiddetto "termico": l'aria estremamente gelida (decine di gradi sottozero) è molto pesante, generando così una gigantesca e potente area di alta pressione. Tale anticiclone può anche formarsi ed estendersi per ragioni "dinamiche", quando ad esempio il riscaldamento stratosferico raggiunge picchi elevati, distruggendo in parte il vortice polare e creando, appunto, zone anticicloniche al suo posto.
Qualunque sia il motivo, quello che ci interessa qui è l'esistenza del potente anticiclone (soprannominato "Orso"), creatosi e rinforzatosi sulla Siberia e che a volte si estende fino all'Europa centro-orientale. Come sappiamo, in un anticiclone i venti ruotano in senso orario (sul nostro emisfero) e pertanto blocchi d'aria gelida si mettono in cammino dall'entroterra russo-siberiano o dalle aree scandinave, verso l'Europa e il Mediterraneo. La traiettoria di questi nuclei di aria fredda determinerà le condizioni meteorologiche sulle zone interessate. Per capire cosa può accadere, prendiamo come esempio proprio la situazione creatasi tra il 10 e l'11 Febbraio, quando un nuovo freddissimo impulso (con temperature di -40°C a 5000 metri e inizialmente -20/-30°C al suolo) ha raggiunto la nostra penisola dopo aver viaggiato migliaia di km.
L'aria fredda è più pesante e tende a "strisciare" in prossimità del suolo ed esercita sullo stesso una pressione maggiore rispetto alle aree circostanti.
Sappiamo anche che la pressione diminuisce con l'altezza semplicemente perché diminuisce la quantità d'aria che ci sovrasta.
Tuttavia, proprio perché più pesante, se saliamo di quota in una zona dove c'è aria più fredda rispetto alle zone circostanti, ci togliamo, per così dire, più "zavorra" e così la pressione con la quota diminuisce maggiormente rispetto ad aree dove ci sono masse d'aria più calde.
Ecco dunque che a una massa d'aria fredda nei primi strati dell'atmosfera può corrispondere, più in alto, una zona di bassa pressione.
Ciò si vede chiaramente confrontando i colori della figura in alto a sinistra con le temperature a 850hPa.
Notare come a tutta l'area più fredda corrisponda in quota una vasta area depressionaria, con l'asse principale della saccatura proteso dalla Spagna verso le nostre regioni settentrionali.
Mappa di analisi ore 00UTC dell'11 Febbraio 2012. Si notano le masse d'aria gelida a 850hPa (colori) e il ciclone al suolo (isobare). | Immagine satellitare (sat24.com) ore 00UTC dell'11 Febbraio 2012. Le nubi parlano da sole... |
A questo punto i giochi sono fatti: la parte destra della saccatura vede le correnti in quota (intorno ai 4-5000 metri ed oltre) accelerare seguendo la traiettoria delle isoipse (linee di eguale quota alla quale si trova una certa pressione, nel caso dell'immagine la pressione di 500hPa). Questa accelerazione provoca quella che si chiama "divergenza", una sorta di "strappo" nell'aria che a sua volta genera un "risucchio" di masse d'aria dal basso, facendo diminuire la pressione al suolo, proprio in corrispondenza di tale "strappo". Le correnti d'aria al suolo vengono richiamate dal "buco" pressorio e la Forza di Coriolis farà il resto, generando il classico ciclone (che non a caso viene chiamato "dinamico") che ruota in senso antiorario.
Riassumendo: aria fredda --> saccatura in quota --> divergenza a destra dell'asse della saccatura --> ciclone al suolo con centro al di sotto dell'area di divergenza --> le correnti fredde entrano da nord-est mantenendo un cuscinetto gelido --> masse d'aria meno fredde e più umide entrano da sud-est (al suolo, salendo sopra il cuscinetto freddo: fronte caldo), assieme a masse d'aria fredde e umide in quota entranti dai quadranti occidentali o meridionali in seno alla saccatura.
Non c'è che dire: un insieme di ingredienti foriero di nubi e precipitazioni, il cui "nocciolo" nel caso in questione si è verificato proprio sopra l'Italia centrale, dove maggiore è stato il contrasto tra le varie masse d'aria. A questi ingredienti "dinamici" si aggiungono poi ingredienti orografici, specialmente il mare (quando masse d'aria fredda arrivano a scorrere sul mare più caldo diventano più instabili e si arricchiscono di vapore, materia prima di nubi e precipitazioni) e i rilievi. Ad esempio le precipitazioni più abbondanti si sono avute tra l'Emilia-Romagna e le Marche perché oltre al meccanismo appena spiegato, in quelle zone si è aggiunto anche l'effetto diretto delle correnti da nord-est che attraversando l'Adriatico hanno raggiunto l'entroterra, sollevandosi avvicinandosi ai rilievi appenninici.