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ESTATE MEDITERRANEA SEMPRE PIÙ CONDIZIONATA DAL PROMONTORIO NORD AFRICANO: ECCO PERCHÉ

Scritto da Andrea Corigliano Sabato 20 Luglio 2024 17:00

ESTATE MEDITERRANEA SEMPRE PIÙ CONDIZIONATA DAL PROMONTORIO NORD AFRICANO: ECCO PERCHÉ

Il flusso meridiano e quello zonaleLe onde di calore che in estate raggiungono il bacino del Mediterraneo e l’Europa sono una diretta conseguenza di una circolazione atmosferica che accompagna verso le nostre latitudini l’espansione del promontorio nord africano. È quindi lecito chiedersi perché quella figura di alta pressione, nota come Anticiclone delle Azzorre che nelle stagioni estive di qualche decennio fa si espandeva dall’Oceano Atlantico portando prevalenti condizioni di stabilità atmosferica e un caldo sopportabile, non riesce più ad estendere con decisione la sua ala verso la nostra penisola lasciandoci in balia delle masse d’aria subtropicali continentali. In questo articolo, rispondiamo a questa domanda.

IL DISEGNO BARICO.
L’alta pressione delle Azzorre non è scomparsa ma, negli ultimi anni, ha avuto un cambiamento della sua collocazione indotto da una modifica, diventata ormai piuttosto ricorrente, della struttura portante delle correnti che si muovono all’interno della fascia latitudinale compresa tra i 40° e i 60° nord. Aiutiamoci con la prima figura per comprendere meglio il concetto. Ciò che negli ultimi decenni si è osservato più spesso, rispetto al clima del trentennio 1961-1990, è stata una tendenza ad avere una maggiore ondulazione del nastro trasportatore oceanico che guida verso l’Europa le correnti occidentali: questa ondulazione, visualizzata con la linea nera tratteggiata nell’immagine a sinistra, va quindi a creare delle creste e dei cavi che diventano rispettivamente sede di campi anticiclonici e depressionari. Non si tratta di un’anomalia della circolazione atmosferica perché, proprio grazie a queste ondulazioni, avviene lo scambio di calore tra le alte e le basse latitudini con l’aria calda che sale verso nord e quella fredda che scende verso sud: è quindi normale che il flusso occidentale alterni fasi di accelerazione a fasi di decelerazione, durante le quali la circolazione tende a impostarsi lungo i meridiani per favorire proprio questo scambio di calore ed evitare così che le alte latitudini diventino sempre più fredde e le basse sempre più calde. La struttura della circolazione atmosferica appena descritta diventa invece un’anomalia quando questa ondulazione rallenta a tal punto la propria velocità di propagazione da bloccarsi, fermando così il tempo meteorologico nello stesso stato anche per più giorni: il blocco anticiclonico, ormai sulla via del tramonto, che ha penalizzato per quasi tre settimane l’Europa sud-orientale e le nostre regioni meridionali in primis è solo l’ultimo esempio che possiamo citare a riguardo. Perché, allora, queste situazioni di stallo atmosferico sono diventate più frequenti? La formazione di queste ondulazioni e la loro evoluzione rallentata – fino ad avere appunto le condizioni di blocco – sono la conseguenza di un allentamento della tensione zonale, cioè della velocità del flusso che scorre da ovest verso est e che dipende dal gradiente termico orizzontale, vale a dire la differenza di temperatura tra le alte e le basse latitudini.

L’AMPLIFICAZIONE ARTICA E IL SUO IMPATTO SULLA CORRENTE ZONALE.
I dati misurati dimostrano che, in un pianeta che è diventato mediamente più caldo, le alte latitudini si sono riscaldate molto di più rispetto al resto della Terra. Focalizzando l’attenzione oltre i 66° di latitudine nord, si osserva infatti che questa fascia latitudinale ha visto un aumento termico che è stato dalle due alle tre volte più intenso rispetto al resto del globo tanto da parlare di «amplificazione artica» proprio per evidenziare la diversa velocità di crescita del riscaldamento in queste aree rispetto alle altre (fig. 2): tra l’altro, è per questo motivo che i climatologi menzionano le latitudini artiche tra le regioni che rientrano negli «hotspot climatici», cioè dove il riscaldamento globale corre più veloce della media. Se allora in un pianeta mediamente più caldo l’artico si è riscaldato molto di più rispetto alle medie latitudini, quel gradiente di temperatura che regola la tensione zonale diminuisce e il flusso portante perde velocità, ondulandosi fino a fermarsi più frequentemente rispetto al passato. In queste condizioni, ecco che l’Anticiclone delle Azzorre tende allora a raggiungere più spesso le alte latitudini o non riesce più a coprire con la propria ala destra l’ultimo tratto che riguarda l’area mediterranea occidentale. Come è cambiata negli anni, questa tendenza ad avere situazioni di blocco più frequenti? Per rispondere, confrontiamo due trentenni estivi di riferimento, il 1961-1990 e il 1991-2020, e calcoliamo l’anomalia del geopotenziale a 500 hPa del secondo periodo climatico rispetto al primo (fig. 3-A). Guardando la disposizione degli scarti positivi e negativi di questa grandezza atmosferica – che indicano rispettivamente dove il segnale dominante dello stato del tempo è stato anticiclonico e depressionario – notiamo una regolare alternanza dei segni e in particolare una più netta affermazione delle aree esposte ad anomalie positive di questo campo. In particolare si osserva che il dipolo di anomalia più importante riguarda l’area atlantica ed europea, con la prima caratterizzata da un prevalente segnale depressionario e la seconda sotto l’influenza di un prevalente segnale anticiclonico.



L’AUMENTO DELLA FREQUENZA DELLE SITUAZIONI DI BLOCCO CON FOCUS SULL’EUROPA.
L’analisi fornisce ulteriori spunti di riflessione se restringiamo il confronto rispetto al clima 1961-1990 e ci limitiamo a considerare come periodo di riferimento prima gli ultimi vent’anni e poi l’ultimo decennio (figg. 3-B e 3-C). In sequenza si nota che il segnale di anomalia positiva aumenta di intensità passando dal periodo estivo 2001-2020 al periodo estivo 2011-2020, a dimostrazione del fatto di come questa tendenza ad avere situazioni di blocco si sia rinforzata e lo abbia fatto in particolar modo tra Canada e Groenlandia e sull’area europea. A tal proposito, focalizzando l’attenzione proprio sul nostro continente (fig. 4), possiamo notare come la superficie isobarica di 500 hPa sia mediamente lievitata anche di 30-50 metri nelle estati dell’ultimo decennio tra la nostra penisola e il settore europeo sud-orientale, cioè dove di pari passo si è verificato anche un aumento della temperatura in quota – con riferimento alla superficie di 850 hPa perché è qui che si osservano le avvezioni delle masse d’aria – che possiamo stimare per l’Italia tra 1.2 °C e 1.8 °C in più proprio a causa della maggior contributo subtropicale continentale.

L’ESPANSIONE VERSO NORD DELLA CELLA DI HADLEY.
In questa descrizione volta a comprendere come è cambiata la nostra circolazione atmosferica estiva si inserisce anche una variazione della disposizione del campo di geopotenziale a grande scala, facendo sempre riferimento alla superficie isobarica di 500 hPa (Z500). Come abbiamo detto anche in un recente articolo (link al primo commento), il promontorio nord africano fa parte della fascia anticiclonica subtropicale a cui appartiene anche l’anticiclone delle Azzorre. In un pianeta diventato mediamente più caldo, questa fascia si è espansa proprio come fa un palloncino pieno d’aria se messo a contatto con un termosifone. Possiamo stimare a grandi linee questa espansione confrontando per esempio il campo medio della Z500 considerando i due soliti trentenni di riferimento (fig. 5) per notare come, rispetto al clima estivo 1961-1990, nel più recente clima del 1991-2020 si osservi uno scatto di «fascia colorata» verso valori più elevati del geopotenziale, con un salto stimabile in circa 25 metri. Ai fini pratici, la dilatazione della fascia anticiclonica subtropicale permette al promontorio nord africano di partire avvantaggiato nel momento in cui inizia la propria espansione verso nord in quanto la sua roccaforte, essendo più dilatata, ha mediamente guadagnato qualche passo verso le nostre latitudini grazie a un clima diventato mediamente più caldo.

DI QUANTO SI È RISCALDATA L’ESTATE ITALIANA.
Come abbiamo potuto appurare, l’Europa e l’Italia hanno risentito molto di questo cambiamento della circolazione atmosferica, trovandosi a due passi da quell’area del pianeta che produce masse d’aria molto calde. Il venir meno delle correnti occidentali di matrice azzorriana, sostituite sempre più spesso da quelle nord africane – non solo in estate ma in genere durante tutto il corso dell’anno – ha inevitabilmente portato a un sensibile aumento della temperatura media estiva e quindi ad un aumento dell’anomalia termica. Dal confronto tra le due climatologie a cui abbiamo fatto riferimento in questo articolo (fig. 6), si evidenzia in modo netto come negli ultimi decenni siamo andati incontro a estati sempre più calde tanto da veder crescere, di circa 1.5 °C, la temperatura media dell’ultimo trentennio rispetto al precedente. In poche parole, la nostra estate è più calda – e non di poco – proprio a causa della maggiore ingerenza del promontorio nord africano.

L'amplificazione artica

Anomalia di z500 su diversi periodi

Anomalie di riferimento per z500 e z850

Confronto dei campi medi di z500 su due trentenni

Anomalia della temperatura estiva in Italia


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Andrea Corigliano, fisico dell'atmosfera

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